Il baule dei ricordi del 2023

Ormai qui ci sono sempre meno. Come ho già avuto modo di dire, i tempi sono cambiati, le cose sono cambiate. E, inevitabilmente, sono cambiato io. Ma sapere che My World… è qui che mi aspetta, sempre, mi dà un senso di pace. Ed io, almeno in questa occasione, desidero rinnovare la ricorrenza del recap da riservare ai posteri.

Il 2023 è stato un altro anno in chiaroscuro. L’ennesimo anno di attesa. Per cosa? Non lo so nemmeno io. Di certo, l’ultima parte di questo arco annuale mi ha rifilato una nuova delusione inaspettata e, secondo me, immeritata. Ma stavolta ha fatto meno male. Col tempo ho capito che, superata una certa età, la vita non può riservarti solo il bello. E che però quando arriva, il bello, va afferrato ed assimilato, dandogli il giusto valore. E poi il motto dice che “alcune cose finiscono per permettere alle migliori di arrivare”. Ed io le aspetto.

Intanto mi appresto a riporre in questo box i ricordi che intendo salvare di quest’anno.

  • Il raggiungimento del tanto agognato scudetto del Napoli
  • L’intenso primo anno in palestra
  • Il bellissimo soggiorno in Daily Spa alle terme
  • La prima Comunione di mio figlio
  • La rinnovata presenza al cinema con mio figlio…
  • … e la novità della visione al cinema sulla spiaggia
  • Il fruttuoso ritorno al Circeo

Questo è tutto.

Ora, io non so quanti ancora approdano su queste pagine. Il blog non viene più indicizzato dai motori di ricerca come accadeva nel suo glorioso passato, e le statistiche delle visite in questo posto si sono ridotte sensibilmente. Ad ogni modo, AUGURO A TUTTI VOI, LETTORI PIU’ O MENO CONSAPEVOLI DI DOVE SIETE CAPITATI, UN FANTASTICO ANNO NUOVO.

IL NAPOLI E’ CAMPIONE D’ITALIA 2022/2023 (33 anni d’attesa)

La storia della mia vita tinta di #azzurronapoli. Il terzo scudetto è arrivato





I primi ricordi che ho sul Napoli mi vedono bambino, poco interessato al calcio, ma affascinato dal modo in cui mio padre ascoltava le partite alla radiolina la domenica pomeriggio, sdraiato sulla sedia di vimini della stanza da pranzo, pronto ad urlare ad ogni gol annunciato dall’inviato di Tutto il calcio minuto per minuto. E poi c’era il dopo-partita, in cui si scendeva a commentare la cronaca calcistica insieme ai dipendenti della pizzeria sotto casa. Era la seconda metà degli anni ottanta.

Poi c’è stata la conquista della Coppa Uefa, i gol di Gaudino, Maradona, Careca, il ritorno a Stoccarda, le due partite registrate su VHS. La passione stava nascendo.

Il secondo scudetto, quello del 1990, me lo ricordo di più. Mi ricordo soprattutto i festeggiamenti, con mio padre che ci portò a Soccavo, da mio nonno, per assistere al clima di euforia generale. Mi è rimasto impresso il fatto che ci fossero gli esercenti dei bar che, spinti dal buon cuore e dalla voglia di onorare la festa, stavano regalando i gelati al cioccolato e alla panna a tutti i presenti in strada. Altri tempi.

I primi anni novanta sono quelli in cui iniziai seriamente ad interessarmi al calcio, seguendo la partita alla radio, una radiolina gialla con un’antenna mezza ammaccata.

Ma allo stadio non c’ero ancora stato. Mio padre, che anni addietro era stato coinvolto suo malgrado in disordini durante una trasferta ad Avellino, aveva promesso a sé stesso di non metterci più piede. E, di conseguenza, quel veto colpiva anche me. Fino al 1994.

Il mio battesimo al San Paolo è stato in un Napoli – Cagliari, Oliveira ci fece una doppietta, e per gli azzurri c’era già da un po’ la tendenza ad un lento declino fatto di pochi acuti e molte cadute.

I ricordi sono tanti e vividi. Il gol stratosferico di Di Canio sotto la Curva B. Un Bari Napoli 1 a 1 vissuta a casa di mio cugino come se fosse uno spareggio importante.

Una delle emozioni più grandi vissute sugli spalti è stata in occasione di Napoli – Inter, Semifinale di Coppa Italia. Allo stadio ci arrivai a piedi, con mio zio e i miei due cugini pronti a vivere una notte da sogno. La Curva era piena all’inverosimile, tanto che la coreografia, fatta di stelline scintillanti, mise a rischio parecchi giubbini lassù. Pareggiammo con Beto sul finale. Vincemmo ai rigori. Fu bellissimo. E poco importa se poi la finale la perdemmo col Vicenza. Quella notte fu tra le più belle ai miei occhi dell’allora sedicenne.

Ci furono poi gli anni degli abbonamenti allo stadio, prima con un mio amico e poi con mio cugino. Il San Paolo, ai tempi, era molto diverso da quello di oggi. Non c’erano tutte le telecamere di sorveglianza che ci sono oggi ed era un posto molto meno sicuro. A 15 minuti dalla fine della partita, poi, i cancelli d’ingresso venivano aperti a tutti, e potevi addirittura assistere ad una rapina di qualche malintenzionato intento a rubare un orologio.

Intanto il Napoli era diventata una squadra che navigava tra la metà classifica e la salvezza sofferta. Fino a retrocedere in Serie B dopo 33 anni dall’ultima volta (33 anni, i numeri che si ripetono nella storia, ma per motivi diversi).

Altri ricordi. Il ritorno in Serie A, la traversa di Saber contro la Juve. Una notte di capodanno a casa dei miei cugini, a fare un torneo di Fifa 98, e in cui uno di loro fantasticava (senza mai crederci, giusto per riderci su) sulla musichetta della Champions e su fantomatiche partite Napoli – Manchester United o Napoli – Barcellona. Tutti ricordi che mi legano a persone che sono passate nella mia vita e che vedono l’azzurro come filo conduttore.

Il Napoli intanto vive il suo momento storico peggiore. Finisce stabilmente in serie B, fino a fallire.

Il resto è storia recente.

De Laurentiis compra il Napoli e si riparte dalla serie C. La delusione per il mancato salto al primo colpo, i play-off con l’Avellino. La gioia per il ritorno in serie A con Edy Reja. I campioni che crescono e passano dalle nostre parti. Le vittorie in Coppa Italia. La Supercoppa scippata a Pechino, quella conquistata a Doha. Le magiche notti europee. Il Presidente che, secondo alcuni, non vuole vincere perché non gli conviene (ed ho capito che anche qui la storia si ripete, un tempo era Ferlaino ad essere minacciato con le bombe, oggi viene insultato ADL). Fino ai giorni nostri.

Una vita legata all’azzurro, una fede che si è mantenuta salda sia nei momenti più bui che in quelli più esaltanti. Ho perso la voce per il Napoli, ho cambiato il mio modo di vedere le partite (oggi vado molto meno sugli spalti) ma resto sempre tifoso e appassionato della maglia azzurra.

Questo è il nostro momento. Dopo 33 anni ci siamo di nuovo noi in vetta, irraggiungibili.

E’ stata una stagione leggendaria, trionfante, probabilmente irripetibile. L’abbiamo vinta con merito, con onore, senza mai averlo messo in discussione. La lotta scudetto non c’è mai stata. Abbiamo dominato.

È la migliore stagione del Napoli, quella del terzo scudetto. L’anno in cui è anche arrivato per la prima volta ai quarti di Champions.

Si è fatta la storia da raccontare ai posteri.

Lo Scudetto è nostro.

FORZA NAPOLI Sempre 🔵⚪

Remember the past: NIGHTMARE 3 – I GUERRIERI DEL SOGNO

“Sogni. Quei piccoli squarci di morte, come li odio.”

Inizia così, con le parole di Edgard Allan Poe pronunciate da una voce fuori campo, il terzo capitolo della saga sul mostro dal guanto artigliato, Freddy Krueger.
 

14472943_maxKristen (una giovanissima Patricia Arquette) è tormentata da frequenti incubi nei quali si ritrova nella sinistra  casa di Elm Street, teatro in passato di atrocità e terrore. In seguito ad un presunto tentativo di suicidio, la ragazza viene ricoverata in una clinica psichiatrica, dove inizia a confrontarsi con altri adolescenti con tendenze suicide e depressive. Si scopre, così, che tutti pazienti sembrano soffrire dello stesso tipo di disturbo: un incubo in cui un mostro dal volto orribilmente ustionato tenta continuamente di ammazzarli.

Diretto da Chuck Russell (Blob – Il fluido che uccide, The mask, Il Re Scorpione) Nightmare 3 – I guerrieri del sogno (A Nightmare on Elm Street 3: Dream Warriors) si presenta più curato fin dai titoli di testa. La colonna sonora, firmata da Angelo Badalamenti (Twin Peaks), ci introduce sulle note di “Into the fire” nell’atmosfera turbolenta e caotica in cui Kristine si ritrova suo malgrado nella sequenza iniziale del film. Dopo la confusione e l’imprecisione nella storia dei primi due capitoli, stavolta inizia a diventare più chiara la regola che vede le giovani potenziali vittime di Freddy al sicuro solo se lontani dall’ambiente onirico. Tutto frutto della magistrale collaborazione nella stesura dello script tra il regista Chuck Russell, Frank Darabont (The Mist, Le ali della libertà) e il papà creativo di Freddy, Wes Craven. Suo il merito di aver reso la sceneggiatura molto più lineare del suo predecessore, e di aver apportato interessanti novità alla storia.

Gli elementi che differenziano Nightmare 3 sono molteplici. Il contesto si sposta dalle ambientazioni scolastiche dei primi due capitoli alle grigia mura della struttura adibita ad ospedale psichiatrico. Una scelta che, alla luce della buona riuscita di molte sequenze, passa da limitazione a felice intuizione.
Il paragone con i precedenti film della saga ci mostra, poi, come in questo caso vengano approfonditi maggiormente i profili dei personaggi. In tal caso, risulta ottima l’idea di dotare i giovani pazienti di superpoteri utilizzabili, però, soltanto in sogno. E così, Kristen si scopre in grado di trascinare le persone nel proprio incubo; l’ex tossicodipentente, Taryn, diventa bella e spietata; il paraplegico Will riacquista l’uso delle gambe, oltre ad una serie di potenti poteri magici; Kincaid possiede una forza fuori dal comune. Tutto questo, però, non servirà a molto. Perchè la storia ci mostra anche un Freddy più fantasioso nella dinamica dei suoi omicidi: basti pensare a come riesca a trasformare le sue affilate lame in aghi di siringhe piene di eroina. Da mozzafiato anche la scena in cui decide di governare un giovane burattinaio come una marionetta insanguinata.

nightmare-3-1I ritorni. Oltre al tema musicale (assente nel mediocre “numero 2”) ritornano anche Nancy e suo padre, lo sceriffo Donald Thompson. La protagonista di Nightmare – Dal profondo della notte, sopravvissuta al trauma successivo ai fatti che l’hanno vista coinvolta, è diventata una dottoressa specializzata nella cura dei disturbi causati dal sonno. Il suo primo incontro con la giovane Kristen, con tanto di filastrocca (ormai elemento inconfondibile della saga), è a dir poco sorprendente. Nancy è praticamente la co-protagonista della pellicola, mentre la figura del padre rimane più marginale, seppur maggiormente attiva rispetto al suo ruolo nel primo capitolo. Curioso notare come Donald sia l’unico a chiamare ancora l’assassino Fred (da questa terza parte sarà per tutti Freddy Krueger).

cravenanoes3Rivelazioni. Questo terzo capitolo segna un’importante svolta riguardo la storia passata di Freddy. Entra a far parte del soggetto, infatti, sua madre, Amanda Krueger, che si mostra in veste di Suor Mary Helena. La donna racconta di essere stata parte del personale medico di un manicomio dove, in seguito ad un errore, rimase chiusa all’interno di un’ala abbandonata per tutta la stagione estiva. Qui venne nascosta dai malati della struttura che abusarono di lei per molto tempo. Freddy, quindi, è stato il parto bastardo della violenza di centinaia di maniaci.
Ci viene svelata, inoltre, la fonte della straordinaria crudeltà del mostro: sono le anime dei bambini a dargli forza. Un insieme indefinito di volti urlanti che Freddy si porta dietro sul suo petto ustionato.

Tra i segni che contraddistinguono Nightmare 3 ricordiamo soltanto il finale: per porre fine all’ennesima scia di sangue dell’Uomo nero, i resti di Freddy vengono benedetti e sepolti in terra consacrata (un’autorimessa cosparsa d’acqua santa).

La colonna sonora. Il crescente successo del personaggio e, di conseguenza, la maggiore disponibilità di fondi a disposizione, permettono alla produzione di puntare su una colonna sonora rock più curata. Da segnalare, in tal senso, gli ottimi brani dei Dokken, “Into the fire” e  “Dream Warriors”.

Curiosità:

  • Nella scena in cui Jennifer sta guardando la tv, si può notare un segmento di Critters,  fanta-horror del 1986 di Stephen Herek. Successivamente assistiamo ad un simpatico cameo del presentatore Dick Cavett e dell’attrice Zsa Zsa Gabor
  • Nel cast troviamo, nei panni di un infermiere, un giovane Laurence Fishburne (il Morpheus di Matrix). 
  • Come per i precedenti due episodi, il doppiaggio italiano presenta il timbro di voce di Freddy molto cupo, quasi metallico. 
  • Il film ha incassato 44 milioni di dollari.

Citazioni:

“A nessuno frega niente te!” (Freddy, rivolto a Zsa Zsa Gabor)

“Complimenti Jennifer, i tuoi sogni stanno per avverarsi! Non volevi entrare in televisione?”

“Mi dispiace ragazzino ma io non credo alle favole!”

“Scusate il ritardo, vi ho fatto aspettare… Ma avevo bisogno di riflettere!” (Freddy, materializzato in migliaia di specchi)

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– Nightmare – Nuovo incubo

Il baule dei ricordi del 2022

Eccoci pronti per l’ultimo post dell’anno.

Questa rubrica mi è sempre piaciuta e, benchè io sia riuscito ad utilizzare il baule poche volte (QUI e QUI), l’idea di riporre le mie esperienze annuali durante questa occasione mi piace.

Il 2022 è stato un annus horribilis per me. Certo, migliore di quello precedente che è stato vissuto sull’onda del taglio netto causato dal terremoto di fine anno 2020, ma l’anno a cui ci apprestiamo a dare il commiato ha riservato comunque molte ombre, e poche luci. Un anno che è iniziato con un’illusione, che ha vissuto diverse brutte vicissitudini, ma che comunque è servito per la mia crescita personale. E che chiude con una speranza.

Ma ora, bando alle ciance, e andiamo a riempire il box dei ricordi con quelli del 2022 che meritano di essere salvati.

  • Il primo saggio di pianoforte di mio figlio
  • L’aver riallacciato i contatti e la frequentazione con alcuni amici del passato
  • Il weekend di Praia
  • Il sogno scudetto della mia squadra del cuore
  • La scoperta di alcune ottime serie tv come Ted Lasso e Cabinet of Curiosites
  • La vacanza a Rimini in compagnia della mia famiglia e dei miei cugini
  • Il ritorno al cinema (dopo più di dieci anni)
  • La rinnovata incursione al Circeo

Ho finito.

Il 2023 è vicino. E i buoni propositi sono già in cantiere. Vediamo che succede.

AUGURO DI BUON ANNO NUOVO A TUTTI VOI!

Remember the past: AVATAR

Tratto da Alone in Kyoto del 22 gennaio 2010
 
 

 “Su e giù per Pandora, il Mondo che non c’è” 

 

 

Avatar - LocandinaDopo la morte del fratello, un ex marine viene reclutato da un gruppo di multinazionali per partecipare ad una missione sul lontano pianeta Pandora, al fine di favorire l’estrazione di un minerale raro in grado di salvare la Terra. Per muoversi, data la tossicità dell’aria, l’uomo si avvale di un Avatar, un essere creato dalla fusione tra il DNA degli umani e quello dei Na’Vi, gli alieni del posto.

Premessa. Io sono per la libertà di espressione, e credo di essere abbastanza aperto ad ogni tipo di confronto. “Ognuno è libero di esprimere e sostenere la propria opinione”, afferma il mio credo. Ma, detto tra noi,  detesto l’anticonformismo spicciolo di coloro che cercano in tutti i modi di andar contro il gregge. Che si parli di Cinepanettoni, dei lavori di Tony Parkinson Scott o, nel caso specifico, della pellicola considerata tra le più importanti dall’inizio del nuovo millennio, non riesco a mandar giù chi è solito sminuire una pellicola con l’intento di sentirsi diverso o, peggio ancora, superiore. Mi sa di snobismo. E detesto lo snobismo quasi quanto le stesse pecore del gregge. 

Detto questo, partiamo subito col dire che Avatar non è un capolavoro. La lista dei difetti della pellicola a cui James Cameron ha lavorato per 13 anni è lunga abbastanza per escludere il film dall’élite del cinema.
Il regista di Terminator, Aliens – Scontro finale, The Abyss e Titanic attinge dal baule storico realizzando un lavoro ibrido in cui alla fantascienza si mescolano influenze che spaziano dall’avventura al fantasy, dalle americanate di grana grossa ai film di guerra. Il contesto in cui si svolge l’ultima mezz’ora, per fare un esempio, riporta alla mente l’orrore e le circostanze al centro del conflitto del Vietnam. Il tutto preceduto da un proclama degno del miglior Braveheart – Cuore Impavido.
Il tratto debole della corda, in Avatar, sta proprio nell’aver voluto imbottire una trama già di per sè flebile e fin troppo telefonata, con una serie di idee riprese da vecchie pellicole e che danno inevitabilmente un lontano senso di dejavu. Il che non sarebbe una novità, se solo non stessimo parlando di una pellicola dalla portata ed ambizione smisurate.

001001Anche la recitazione fallisce nell’impari confronto tra presupposto e risultato finale. Fatta eccezione per le partecipazioni di Giovanni Ribisi (Lost in translation; Nemico Pubblico) e Sigourney Weaver (Alien; The Village), è un cast privo di nomi antisonanti quello che svolge il compitino in maniera sì diligente, ma senza lasciare una traccia rilevante nell’economia della pellicola. In tutta onestà, durante alcune scene in cui la mia attenzione si è soffermata sullo stampo recitativo generale, mi è parso di assistere ad un discreto B-movie, di quelli che vanno in onda durante i martedì sera in piena estate. Ad onor del vero, c’è comunque da sottolineare l’evidente difficoltà legata al dover recitare su un set fatto di sfondi di teli verdi e freddi studios elettronici. 

Ho detto che Avatar non è un capolavoro, è vero. Nonostante i suoi difetti, però, la pellicola (fresca vincitrice di due prestigiosi Globes) si guadagna la promozione grazie ad una regia molto attenta e ad un lodevole lavoro di squadra tra i collaboratori degli effetti digitali e della grafica in generale. In tal senso il film risulta stilisticamente perfetto, con la creazione di un mondo popolato da animali e piante mai concepiti prima, disegnati ed elaborati fin nei minimi particolari, al fine di trasformare il sogno in realtà.
La tecnica 3D, poco invasiva e volta ad esaltare determinati soggetti nella messa a fuoco, ripaga il lavoro di Cameron, valorizzando soprattutto le sequenze girate in soggettiva, attraverso l’uso di speciali telecamere all’avanguardia. Durante le fughe nei boschi di Jake, infatti, vi capiterà praticamente di schivare i numerosi rami delle piante che riempiono l’immensa foresta di Pandora. Le scene migliori, però, vengono offerte dai paessaggi notturni che il pianeta dei Na’Vi offre, con una miriade di specie floreali a far da contorno ad un contesto luminescente da far brillare gli occhi.
Ciò nonostante, non tutti sono rimasti soddisfatti dall’effetto 3D di Avatar. Sentendo qualche commento in sala post-proiezione, alcuni spettatori hanno lamentato il poco coinvolgimento della tecnica, fin tanto che qualcuno ha addirittura osannato il trailer di Alice in Wonderland e la testa dello Stregatto ad un palmo di naso.  Personalmente io ho gradito il modo di utilizzo del 3D nella pellicola. Se non altro non mi ha provocato alcun mal di testa o senso di nausea, a differenza di altri casi. 

Pompato dal processo mediatico oltremisura, a tratti B-movie, a tratti pacchiano, a tratti colossal, Avatar supera comunque l’esame grazie ad una pregevole regia e alle superbe tecniche innovative. Forse non cambierà la storia del cinema, ma l’ultimo film firmato James Cameron rappresenta un sensibile passo in avanti nel settore dell’intrattenimento da

P.s.: La polemica sul mancato divieto ai minori della censua italiana è del tutto infondata. Il film, sigarette della Weaver a parte,  è praticamente innocuo.  

 

Punti di forza: La regia attenta ed innovativa di Cameron; gli scenari mozzafiato; il meraviglioso effetto 3D

 

Punti deboli: La trama prevedibile; le sequenze che sanno di “già visto”; la recitazione non impeccabile;

 

Il toccasana delle cose semplici

 

Stamattina l’ho vissuto di nuovo.

Ho approfittato del fatto di aver trovato poco traffico sulla strada verso il lavoro e sono arrivato nei pressi dell’ufficio in tempo utile per una passeggiata. Ed oggi, come allora, la sensazione è stata quella di aver iniziato la giornata con il piede giusto. Anzi, con entrambi i piedi.

Si, perchè quando riesci a piantare una deviazione sul percorso monotono e routinario fatto di Sveglia/Auto/Ufficio/Auto/Casa dei giorni feriali, allora ti senti meglio. E’ come aver dato un senso più pieno alla giornata. Ed io, in attesa delle svolte che auspico per la mia vita, ora (come allora) mi accontento del piacere di gustarmi le cose semplici. Come una passeggiata inaspettata.

Ovviamente, ho coperto il sottofondo dei rumori urbani con la musica. E a tal proposito mi chiedo come sia stato possibile vivere finora ignaro dell’esistenza di un pezzo così forte come quello di Algiers degli Afghan Whigs.

Ve lo lascio. Buon ascolto.

 

Remember the past: TRICK ‘R TREAT – LA VENDETTA DI HALLOWEEN

Tratto da Alone in Kyoto del 28 ottobre 2009
 
 
 

 “Chi la fa, l’aspetti”

nuova-locandina-di-trick-r-treat-130943_jpg_400x0_crop_q85Un preside sadico ed i suoi strani rituali. Un’affascinante cappuccetto rosso alla ricerca del principe azzurro. Un gruppo di ragazzini testimoni di un oscuro ritrovamento. Un vecchio burbero alle prese con un ospite indesiderato. Quattro storie dell’orrore si rincorrono tra loro, nella particolare cornice della notte più spaventosa dell’anno vissuta in una piccola cittadina dell’Ohio.

L’apertura, in bianco e nero, ci mostra un breve avviso di pubblica utilità in cui si mettono in guardia i bambini sui potenziali rischi celati nella notte di Halloween, specie durante il tradizionale rito del “Dolcetto o scherzetto?”. La sequenza bicromatica lascia presto spazio ad una storiella/aperitivo che anticipa gli strepitosi titoli di testa in stile fumettistico. Una coppia di fidanzati, di ritorno da una parata in maschera, decide di profanare l’evento, violando la regola che vuole la lanterna accesa per tutta  la notte delle streghe. Pessima scelta, come si può prevedere.

trick-r-treat-1Partendo da questo episodio, il regista Michael Dougherty ci mostra una serie di situazioni avvenute nelle ore precedenti, sfruttando al meglio la struttura dell’incrocio narrativo. Lo sceneggiatore di Superman Returns, all’esordio dietro la macchina da presa, scava nel baule delle leggende metropolitane americane e, mediante il vecchio motto del “nulla è ciò che sembra”, gioca con lo spettatore, spiazzandolo in continuazione. In bilico tra impeccabile ironia e tensione equilibrata, Dougherty ci offre una regia mai disordinata, con ottime riprese panoramiche e buona cura degli elementi tipici del contesto halloweeniano.

Forse il maggior merito da riconoscere a Dougherty, però, sta nella capacità (e nella facilità) di passare dalle atmosfere innocue a quelle più inquietanti, attraverso momenti in cui non viene risparmiato qualche onesto brivido allo spettatore. Niente eccessi, però. Nè con gli sbalzi di suono (tipici degli horror contemporanei), nè con lo splatter, nè con gli effetti speciali. A tal proposito, notiamo con piacere come in Trick or Treat sia quasi del tutto assente la tanto dannosa computer grafica (vedi QUI e QUI). L’utilizzo di pupazzi e maschere, invece, dona alla pellicola quel tuffo nel passato che, insieme ad una serie di simpatiche citazioni (La casa 2, In compagnia dei lupi, Cimitero vivente) rende l’atmosfera inebriante per gli amanti del vecchio horror anni ottanta.

trick_r_treat14Un’atmosfera, quella che si percepisce nelle strade di Warrey Valley, in cui prevalgono i colori caldi dei comics e il clima autunnale di fine ottobre. Le lanterne accese lungo i viali, il tappeto di foglie gialle e la parata in maschera avvolgono le mosse dei personaggi, tutti pronti per celebrare al meglio (o al peggio) la suggestiva ricorrenza. Vampiri, zombie, maniaci e la ragazzina più odiosa della storia del cinema horror si muovono nel buio, pronti a convergere in un’indimenticabile (e, per alcuni, ultima) notte di terrore.

Per concludere, diciamo che pur offrendo delle storie molto semplici, Trick ‘r Treat è indubbiamente il miglior film degli ultimi vent’anni sul tema di Halloween. Un’autentica perla capace di diffondere quell’atmosfera e trascinare il pubblico nella festa più affascinante e suggestiva dell’anno.

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Un direzione giusta che ora non ho



Eccomi di nuovo qua. Ancora alle prese col foglio virtuale su cui buttare giù i miei pensieri. E devo ammettere che ne sono molti di pensieri, ultimamente.

Sono giorni strani per me. Giorni caratterizzati dall’alternanza di umori interiori che fanno a pugni tra di loro e che mi impediscono di trovare la direzione giusta verso l’equilibrio e la serenità. Ammesso che esista una direzione.

Ormai sono passato dall’essere un ragazzo dai tanti interessi e le tante passioni ad un uomo dalle innumerevoli incertezze e i pochi punti fermi nella propria vita.

Però scrivere mi fa bene. E questo posto mi ha sempre accolto ed ha sempre raccontato di me.

E allora lasciamo parlare il foglio. Che forse qualcosa in più lo sa comunicare.

Tanto per cominciare mi sono accorto che è passato da poco il compleanno del blog. 16 anni dal primo respiro di My World…. Praticamente un quinto della prospettiva di vita media è raccontato su queste pagine. Allora non ero nemmeno ancora ospitato da WordPress, ma da Splinder. Una piattaforma meno professionale, ma forse più genuina e semplice. Un pò come la mia vita di allora. E malgrado non riesca più a scrivere con la frequenza e la creatività di un tempo (ricordiamoci tutti che io scrivo dal pc dell’ufficio, e il lavoro ormai è tanto e non mi permette le pause di prima) io continuo a lasciare tracce, perchè questo posto ha un suo richiamo su di me. Ad ogni modo, tanti auguri posticipati al My World… che mi permette sempre di imprimere sulle sue pagine nuovi capitoli e contenuti.

Allora, è appena successa una cosa curiosa e voglio che venga raccolta qui. Proprio mentre vi stavo scrivendo della mia volontà di iscrivermi in palestra, ho ricevuto un messaggio. Mio fratello mi chiede di andare a fare boxe insieme. Ed io volevo appunto parlare del fatto che non ho mai fatto palestra, se non forse una ventina di anni fa, per un mese, e un altro paio di mesi di palestra “fai da te in casa” (tra l’altro, salutiamo la sciatalgia che non mi ha mai più lasciato da allora). Ma quello della palestra è sempre stato un mio pallino. In primo luogo perchè da quando ho buttato giù i chili di troppo ho un corpo che manifesta impietosamente il fatto che non ho muscoli degni di essere definiti tali. E poi perchè, mai come in questo periodo, ho bisogno di qualcosa che mi tenga impegnato. E che mi permetta di confezionare delle esperienze nuove. Per la cronaca, dopo il mio Si al messaggio di mio fratello, non ho ricevuto ancora alcun seguito.

Passando ad altro, ultimamente sto cercando di sfoltire la lista di serie tv da vedere. Proprio ieri ho iniziato Ted Lasso, storia di un manager di calcio che viene ingaggiato da una squadra minore inglese e proiettato in una realtà totalmente differente dalla sua. Il pilot di questa serie è stato una piccola perla con una forma di umorismo piuttosto sofisticata. Ed io non vedo l’ora di continuarla per vedere se il seguito confermerà le mie buone sensazioni. Intanto sto provando a mettermi al passo con The Walking Dead, ed ho iniziato il rewatch di Californication. Giusto per ingolfare un pò di più la mia lista.

C’è una cosa però che posso fare mentre mi occupo di altro e che non mi toglie tempo, come invece mi fa il dover scrivere sul blog o guardare serie tv, ed è ascoltare la trasmissione di Enrico Silvestrin.
Chi come me è stato adolescente nei meravigliosi anni novanta, si ricorderà del monopolio senza pari che aveva Mtv, l’emittente incentrata sulla musica e sugli approfondimenti di questo campo. All’epoca Silvestrin è stato tra i primi a volare a Londra per lavorarci, diventando poi anche uno dei Vj più noti quando la stessa Mtv decise di fondare una sede dislocata qui da noi. Di seguito Enrico si è occupato di cinema e reality, ma non ha mai abbandonato il suo interesse per la musica. Oggi Silvestrin propone su Twitch un programma dalle 14 alle 16 (e che quindi posso seguire durante la mia pausa pranzo) di approfondimento musicale e che ha, tra le sue vocazioni, quella di mettere al corrente la sua utenza sull’utilizzo della musica attuale e sulla deriva che stanno prendendo alcuni generi, facendo luce sulle alternative che il mercato offre e delle quali, in Italia, non si parla.
Personalmente trovo che il modo di condurre e di argomentare di Silvestrin sia davvero piacevole, quasi magnetico. E questo tipo di intrattenimento è ciò che mi serve per riempire i vuoti di queste mie giornate.

Ok, penso di aver finito, per stavolta.

Anzi no. C’è una bonus track per i più temerari che sono riusciti ad arrivare fino alla fine di questo articolo: Voglio imparare a cucinare. Al momento è solo un desiderio, perchè non avendo ancora una casa mia è impossibile cimentarmi in questa cosa che però, devo dire, mi affascina molto. Per ora finisce anche questa tra le cose da fare. Un desiderio in più.

Accidenti. Rileggendo il post mi rendo conto che ho scritto tanto, ma niente di cui avevo pensato di scrivere oggi.

Eppure questa cascata di parole mi è servita. E forse una direzione giusta l’ho trovata. La direzione dettata da questo post, che mi ha portato proprio dove volevo. Verso la serenità.

Remember the past: NIGHTMARE 2 – LA RIVINCITA

Tratto da Alone in Kyoto del 6 febbraio 2009
Nightmare 2 poster
Sono passati cinque anni dagli orribili fatti di Springwood. Sembra che Nancy sia impazzita, e ad abitare il 1428 di Elm Street c’è ora una nuova famiglia, i Walsh. Uno dei figli, il giovane Jesse, diviene ben presto il prescelto di Freddy (qui chiamato ancora, in maniera severa, Fred) che si servirà di lui per compiere una nuova, copiosa, scia di sangue…

It’s all about the money. E’ questo il primo pensiero che viene in mente dopo l’ennesima re-visione del sequel di Nightmare – Dal profondo della notte. Il film, di fatti, è un chiaro tentativo (riuscito, se consideriamo gli incassi) di sfruttare il successo del personaggio creato da Craven. Peccato che a farne le spese sia stata la qualità e lo spessore di tutti gli altri fattori: trama, cast, sceneggiatura, regia.

Eppure Nightmare 2 – La rivincita (A Nightmare on Elm Street 2 – Freddy’s Revenge) inizia seguendo il consueto canone stabilito dal suo predecessore, vale a dire con un incubo. Contesto e protagonisti sono un autobus della scuola che sta trasportando il sudatissimo Jesse e due sconosciute ragazze. Improvvisamente, il conducente effettua una brusca deviazione verso un percorso desolato. Paura e urla popolano il mezzo fino a quando non finisce per trovarsi in bilico su di un’area circondata dal suolo che sprofonda. Finalmente entra in scena il mostro, la star dell’ambiente onirico, Fred Krueger. Solo che quelli della New Line, in questo capitolo, hanno ben pensato di spostare il suo raggio d’azione nella realtà. Krueger s’impossessa di Jesse, influenzandone il comportamento e arrivando addirittura ad uccidere mediante la sua mano. Un azzardo che rende del tutto inefficace l’idea originale del personaggio (l’Uomo Nero che si serve dei sogni per mettere a tacere per sempre la vittima di turno) e che finisce per ottenere come risultato una prevedibile bocciatura del soggetto. Le strane situazioni a cui si assiste nel mondo reale, come l’aumento improvviso della temperatura e gli uccellini che impazziscono, contribuiscono a rendere questa pellicola tra le più deboli della saga proprio perchè è fuori dagli schemi. Sul finale, poi, Fred si rivela a tutti i partecipanti del piscina-party, ponendo una chiara dissonanza con il fattore fondamentale del plot originale (non a caso questa seconda storia viene del tutto ignorata nei capitoli successivi). Pessimo ed improbabile anche il finale romantico, con l’amore che annienta il mostro.

a-nightmare-on-elm-street-freddys-revenge-mark-pattonRegia ed Effetti Speciali. La direzione del giovane regista Jack Sholder (L’alieno) ci mostra ancora una volta un’ambientazione scolastica, ma anche un’eccessiva lentezza nei ritmi. Ottimi invece gli effetti speciali, i cui meriti vanno soprattutto al responsabile del trucco Kevin Yagher, capace di ricreare da zero le fattezze di Fred (le foto tecniche del primo capitolo erano andate perse).

Colonna Sonora anonima. Come già rilevato nel suo predecessore, anche Nightmare 2 – La rivincita presenta pochissimi brani musicali, mentre bisogna evidenziare come questo sia l’unico caso della saga in cui è completamente assente il tema musicale originale.

Jessie affonda il guantoGli elementi ricorrenti in Nightmare 2 sono davvero pochissimi. Da segnalare, oltre all’abitazione e alle sembianze di Krueger, una nuova variante della filastrocca.

Riguardo la vita di Fred, arrivano invece rivelazioni inerenti l’attività dell’uomo: pare che il nostro assassino lavorasse nella caldaia dove poi, in seguito, verrà arso vivo dai genitori delle vittime di Springwood.

Le scene cult di questo mediocre secondo capitolo sono la sequenza dell’autobus impazzito e l’intera scena dell’assassinio di Ronny, soffocato e poi smembrato dal brutale Krueger, precedentemente “sbucato fuori” dal corpo di Jesse.

Citazioni:

“Tu sei il braccio ed io la mente”

“Ritorna da me Jesse, io ti amo”

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