Provate ad immaginare se tempo fa qualcuno fosse arrivato nella vostra vita, un tizio qualunque, e vi avesse anticipato questa prospettiva:
«Tra qualche anno il mondo dovrà fermarsi. Voi dovrete restarvene chiusi in casa. Non potrete avvicinarvi a nessuno. Dovrete indossare obbligatoriamente delle mascherine protettive. Non potrete andare in giro senza un motivo giustificato da autocertificare su un pezzo di carta da esibire su richiesta delle forze dell’ordine. Tutti i campionati di calcio del mondo si fermeranno nel bel mezzo della fase clou della stagione. Tutto lo sport dovrà fermarsi, anche quelli che tenteranno fino all’ultimo per mandare avanti la giostra. Quei pochi programmi televisivi che andranno ancora in onda in diretta lo faranno senza la presenza del pubblico. Le vostre serie tv preferite verranno sospese o trasmesse solo in lingua originale mentre l’uscita dei nuovi film in programma al cinema verrà annullata o posticipata. Tutto questo mentre gli Stati di tutto il mondo cercheranno di porre riparo alla crisi economica mettendo in atto forme di sostentamento ai cittadini.»
Ora io lo so che questo preambolo oggi non vi suonerà più tanto strano, dal momento che siamo ormai da quasi due mesi in piena emergenza da pandemia del Covid-19. Ma fermatevi un attimo, rileggete il periodo iniziale, chiudete gli occhi ed immaginate la scena tornando indietro nel tempo.
E ora alzi la mano chi non ha pensato ad un fantasioso (e in tal senso affascinante) episodio distopico della famosa serie tv Black Mirror. Uno scenario fuori dalla logica delle nostre vite, fino a qualche tempo fa. E invece oggi… Da brividi.
Aldilà di questa agghiacciante premessa, volevo giusto tirare giù un paio di considerazioni per imprimere su queste pagine il mio io ai tempi della pandemia. Sono ormai quasi due mesi che non metto il naso fuori dal viale di casa. L’ultima volta che sono andato a lavoro in ufficio è stato l’11 marzo. Da allora ho lavorato da casa (il termine smart working è diventato d’uso comune di questi tempi) e devo ammettere di averlo fatto ancora di più di quando sbrigavo le pratiche dalla scrivania dello studio. Peccato però che alla consistente mole di lavoro abbia fatto da contraltare l’assenza dei pagamenti da parte dei clienti, il che ha prodotto un fastidioso paradosso umorale in me. Effetto domino.
Capitolo lavoro a parte, posso serenamente affermare come la reclusione forzata non mi abbia minimamente influenzato sotto il profilo mentale e dello stato d’animo. Ovviamente fa la sua parte il fatto che impiego ancora gran parte della giornata a lavorare, però io credo che dipenda soprattutto dal carattere e dallo spirito d’iniziativa delle persone. E quindi, mentre tutti intorno a me sembrano mostrare insofferenza, sbalzi d’umore e continue lamentele per il persistere dei giorni passati in casa, io ho tratto dal cambio di stile di vita il piacevole gusto della novità.
Innanzitutto ho imparato ad osare. Dato il protrarsi della chiusura forzata dei barbieri, mi sono finalmente tolto lo sfizio di rasarmi totalmente i capelli. Tanto ricresceranno, mi sono detto. E poi mi vedo molto meglio di quanto potessi immaginare.
Ho capito l’importanza benefica del sole. Prima di questo periodo mi sono sempre limitato dallo stare a prendere il sole sul balcone, preoccupandomi di risultare troppo inadeguato al contesto. E invece mi sono accorto che il sole, quando c’è, funge davvero un ruolo essenziale sul mio fisico e la mia mente. Quindi me lo godo, anche sul balcone.
Sto rivalutando l’Universo Marvel. Nonostante mi sia sempre considerato un nerd, i film della Marvel (che per noi nerd sono una sorta di marchio distintivo) non hanno mai attirato la mia attenzione. La quarantena (… e Disney+) mi ha dato lo slancio per iniziare questa lunga maratona con protagonisti i supereroi più amati del mondo e, facendo il giusto compromesso con la logica e con l’età, ho capito che riesco addirittura a farmi passare le 2 ore di visione senza annoiarmi.
Infine il calcio. E’ incredibile come un appassionato incallito del Napoli come me possa essere arrivato a farne senza. Nessun peso, come se non fosse mai esistito nella mia vita. Anche questo è il potere del periodo che viviamo. Si dice che un’abitudine ha bisogno di 21 giorni per insinuarsi nella vita di un individuo. Questo parametro viene usato per chi vuole smettere di fumare, ad esempio, o per chi è a dieta ed ha delle abitudini alimentari eccessive. Beh, io credo di aver sperimentato questa cosa nella mia dipendenza col calcio. E funziona.
L’unica cosa che i 21 giorni della teoria non riescono proprio a farmi smettere (ma nemmeno in 21 anni, mi sa) è il credere ancora in questo. Ma quell’ideale prima o poi imparerò ad accettarlo senza dolore.