Il baule dei ricordi del 2023

Ormai qui ci sono sempre meno. Come ho già avuto modo di dire, i tempi sono cambiati, le cose sono cambiate. E, inevitabilmente, sono cambiato io. Ma sapere che My World… è qui che mi aspetta, sempre, mi dà un senso di pace. Ed io, almeno in questa occasione, desidero rinnovare la ricorrenza del recap da riservare ai posteri.

Il 2023 è stato un altro anno in chiaroscuro. L’ennesimo anno di attesa. Per cosa? Non lo so nemmeno io. Di certo, l’ultima parte di questo arco annuale mi ha rifilato una nuova delusione inaspettata e, secondo me, immeritata. Ma stavolta ha fatto meno male. Col tempo ho capito che, superata una certa età, la vita non può riservarti solo il bello. E che però quando arriva, il bello, va afferrato ed assimilato, dandogli il giusto valore. E poi il motto dice che “alcune cose finiscono per permettere alle migliori di arrivare”. Ed io le aspetto.

Intanto mi appresto a riporre in questo box i ricordi che intendo salvare di quest’anno.

  • Il raggiungimento del tanto agognato scudetto del Napoli
  • L’intenso primo anno in palestra
  • Il bellissimo soggiorno in Daily Spa alle terme
  • La prima Comunione di mio figlio
  • La rinnovata presenza al cinema con mio figlio…
  • … e la novità della visione al cinema sulla spiaggia
  • Il fruttuoso ritorno al Circeo

Questo è tutto.

Ora, io non so quanti ancora approdano su queste pagine. Il blog non viene più indicizzato dai motori di ricerca come accadeva nel suo glorioso passato, e le statistiche delle visite in questo posto si sono ridotte sensibilmente. Ad ogni modo, AUGURO A TUTTI VOI, LETTORI PIU’ O MENO CONSAPEVOLI DI DOVE SIETE CAPITATI, UN FANTASTICO ANNO NUOVO.

Il baule dei ricordi del 2022

Eccoci pronti per l’ultimo post dell’anno.

Questa rubrica mi è sempre piaciuta e, benchè io sia riuscito ad utilizzare il baule poche volte (QUI e QUI), l’idea di riporre le mie esperienze annuali durante questa occasione mi piace.

Il 2022 è stato un annus horribilis per me. Certo, migliore di quello precedente che è stato vissuto sull’onda del taglio netto causato dal terremoto di fine anno 2020, ma l’anno a cui ci apprestiamo a dare il commiato ha riservato comunque molte ombre, e poche luci. Un anno che è iniziato con un’illusione, che ha vissuto diverse brutte vicissitudini, ma che comunque è servito per la mia crescita personale. E che chiude con una speranza.

Ma ora, bando alle ciance, e andiamo a riempire il box dei ricordi con quelli del 2022 che meritano di essere salvati.

  • Il primo saggio di pianoforte di mio figlio
  • L’aver riallacciato i contatti e la frequentazione con alcuni amici del passato
  • Il weekend di Praia
  • Il sogno scudetto della mia squadra del cuore
  • La scoperta di alcune ottime serie tv come Ted Lasso e Cabinet of Curiosites
  • La vacanza a Rimini in compagnia della mia famiglia e dei miei cugini
  • Il ritorno al cinema (dopo più di dieci anni)
  • La rinnovata incursione al Circeo

Ho finito.

Il 2023 è vicino. E i buoni propositi sono già in cantiere. Vediamo che succede.

AUGURO DI BUON ANNO NUOVO A TUTTI VOI!

Remember the past: AVATAR

Tratto da Alone in Kyoto del 22 gennaio 2010
 
 

 “Su e giù per Pandora, il Mondo che non c’è” 

 

 

Avatar - LocandinaDopo la morte del fratello, un ex marine viene reclutato da un gruppo di multinazionali per partecipare ad una missione sul lontano pianeta Pandora, al fine di favorire l’estrazione di un minerale raro in grado di salvare la Terra. Per muoversi, data la tossicità dell’aria, l’uomo si avvale di un Avatar, un essere creato dalla fusione tra il DNA degli umani e quello dei Na’Vi, gli alieni del posto.

Premessa. Io sono per la libertà di espressione, e credo di essere abbastanza aperto ad ogni tipo di confronto. “Ognuno è libero di esprimere e sostenere la propria opinione”, afferma il mio credo. Ma, detto tra noi,  detesto l’anticonformismo spicciolo di coloro che cercano in tutti i modi di andar contro il gregge. Che si parli di Cinepanettoni, dei lavori di Tony Parkinson Scott o, nel caso specifico, della pellicola considerata tra le più importanti dall’inizio del nuovo millennio, non riesco a mandar giù chi è solito sminuire una pellicola con l’intento di sentirsi diverso o, peggio ancora, superiore. Mi sa di snobismo. E detesto lo snobismo quasi quanto le stesse pecore del gregge. 

Detto questo, partiamo subito col dire che Avatar non è un capolavoro. La lista dei difetti della pellicola a cui James Cameron ha lavorato per 13 anni è lunga abbastanza per escludere il film dall’élite del cinema.
Il regista di Terminator, Aliens – Scontro finale, The Abyss e Titanic attinge dal baule storico realizzando un lavoro ibrido in cui alla fantascienza si mescolano influenze che spaziano dall’avventura al fantasy, dalle americanate di grana grossa ai film di guerra. Il contesto in cui si svolge l’ultima mezz’ora, per fare un esempio, riporta alla mente l’orrore e le circostanze al centro del conflitto del Vietnam. Il tutto preceduto da un proclama degno del miglior Braveheart – Cuore Impavido.
Il tratto debole della corda, in Avatar, sta proprio nell’aver voluto imbottire una trama già di per sè flebile e fin troppo telefonata, con una serie di idee riprese da vecchie pellicole e che danno inevitabilmente un lontano senso di dejavu. Il che non sarebbe una novità, se solo non stessimo parlando di una pellicola dalla portata ed ambizione smisurate.

001001Anche la recitazione fallisce nell’impari confronto tra presupposto e risultato finale. Fatta eccezione per le partecipazioni di Giovanni Ribisi (Lost in translation; Nemico Pubblico) e Sigourney Weaver (Alien; The Village), è un cast privo di nomi antisonanti quello che svolge il compitino in maniera sì diligente, ma senza lasciare una traccia rilevante nell’economia della pellicola. In tutta onestà, durante alcune scene in cui la mia attenzione si è soffermata sullo stampo recitativo generale, mi è parso di assistere ad un discreto B-movie, di quelli che vanno in onda durante i martedì sera in piena estate. Ad onor del vero, c’è comunque da sottolineare l’evidente difficoltà legata al dover recitare su un set fatto di sfondi di teli verdi e freddi studios elettronici. 

Ho detto che Avatar non è un capolavoro, è vero. Nonostante i suoi difetti, però, la pellicola (fresca vincitrice di due prestigiosi Globes) si guadagna la promozione grazie ad una regia molto attenta e ad un lodevole lavoro di squadra tra i collaboratori degli effetti digitali e della grafica in generale. In tal senso il film risulta stilisticamente perfetto, con la creazione di un mondo popolato da animali e piante mai concepiti prima, disegnati ed elaborati fin nei minimi particolari, al fine di trasformare il sogno in realtà.
La tecnica 3D, poco invasiva e volta ad esaltare determinati soggetti nella messa a fuoco, ripaga il lavoro di Cameron, valorizzando soprattutto le sequenze girate in soggettiva, attraverso l’uso di speciali telecamere all’avanguardia. Durante le fughe nei boschi di Jake, infatti, vi capiterà praticamente di schivare i numerosi rami delle piante che riempiono l’immensa foresta di Pandora. Le scene migliori, però, vengono offerte dai paessaggi notturni che il pianeta dei Na’Vi offre, con una miriade di specie floreali a far da contorno ad un contesto luminescente da far brillare gli occhi.
Ciò nonostante, non tutti sono rimasti soddisfatti dall’effetto 3D di Avatar. Sentendo qualche commento in sala post-proiezione, alcuni spettatori hanno lamentato il poco coinvolgimento della tecnica, fin tanto che qualcuno ha addirittura osannato il trailer di Alice in Wonderland e la testa dello Stregatto ad un palmo di naso.  Personalmente io ho gradito il modo di utilizzo del 3D nella pellicola. Se non altro non mi ha provocato alcun mal di testa o senso di nausea, a differenza di altri casi. 

Pompato dal processo mediatico oltremisura, a tratti B-movie, a tratti pacchiano, a tratti colossal, Avatar supera comunque l’esame grazie ad una pregevole regia e alle superbe tecniche innovative. Forse non cambierà la storia del cinema, ma l’ultimo film firmato James Cameron rappresenta un sensibile passo in avanti nel settore dell’intrattenimento da

P.s.: La polemica sul mancato divieto ai minori della censua italiana è del tutto infondata. Il film, sigarette della Weaver a parte,  è praticamente innocuo.  

 

Punti di forza: La regia attenta ed innovativa di Cameron; gli scenari mozzafiato; il meraviglioso effetto 3D

 

Punti deboli: La trama prevedibile; le sequenze che sanno di “già visto”; la recitazione non impeccabile;

 

Remember the past: TRICK ‘R TREAT – LA VENDETTA DI HALLOWEEN

Tratto da Alone in Kyoto del 28 ottobre 2009
 
 
 

 “Chi la fa, l’aspetti”

nuova-locandina-di-trick-r-treat-130943_jpg_400x0_crop_q85Un preside sadico ed i suoi strani rituali. Un’affascinante cappuccetto rosso alla ricerca del principe azzurro. Un gruppo di ragazzini testimoni di un oscuro ritrovamento. Un vecchio burbero alle prese con un ospite indesiderato. Quattro storie dell’orrore si rincorrono tra loro, nella particolare cornice della notte più spaventosa dell’anno vissuta in una piccola cittadina dell’Ohio.

L’apertura, in bianco e nero, ci mostra un breve avviso di pubblica utilità in cui si mettono in guardia i bambini sui potenziali rischi celati nella notte di Halloween, specie durante il tradizionale rito del “Dolcetto o scherzetto?”. La sequenza bicromatica lascia presto spazio ad una storiella/aperitivo che anticipa gli strepitosi titoli di testa in stile fumettistico. Una coppia di fidanzati, di ritorno da una parata in maschera, decide di profanare l’evento, violando la regola che vuole la lanterna accesa per tutta  la notte delle streghe. Pessima scelta, come si può prevedere.

trick-r-treat-1Partendo da questo episodio, il regista Michael Dougherty ci mostra una serie di situazioni avvenute nelle ore precedenti, sfruttando al meglio la struttura dell’incrocio narrativo. Lo sceneggiatore di Superman Returns, all’esordio dietro la macchina da presa, scava nel baule delle leggende metropolitane americane e, mediante il vecchio motto del “nulla è ciò che sembra”, gioca con lo spettatore, spiazzandolo in continuazione. In bilico tra impeccabile ironia e tensione equilibrata, Dougherty ci offre una regia mai disordinata, con ottime riprese panoramiche e buona cura degli elementi tipici del contesto halloweeniano.

Forse il maggior merito da riconoscere a Dougherty, però, sta nella capacità (e nella facilità) di passare dalle atmosfere innocue a quelle più inquietanti, attraverso momenti in cui non viene risparmiato qualche onesto brivido allo spettatore. Niente eccessi, però. Nè con gli sbalzi di suono (tipici degli horror contemporanei), nè con lo splatter, nè con gli effetti speciali. A tal proposito, notiamo con piacere come in Trick or Treat sia quasi del tutto assente la tanto dannosa computer grafica (vedi QUI e QUI). L’utilizzo di pupazzi e maschere, invece, dona alla pellicola quel tuffo nel passato che, insieme ad una serie di simpatiche citazioni (La casa 2, In compagnia dei lupi, Cimitero vivente) rende l’atmosfera inebriante per gli amanti del vecchio horror anni ottanta.

trick_r_treat14Un’atmosfera, quella che si percepisce nelle strade di Warrey Valley, in cui prevalgono i colori caldi dei comics e il clima autunnale di fine ottobre. Le lanterne accese lungo i viali, il tappeto di foglie gialle e la parata in maschera avvolgono le mosse dei personaggi, tutti pronti per celebrare al meglio (o al peggio) la suggestiva ricorrenza. Vampiri, zombie, maniaci e la ragazzina più odiosa della storia del cinema horror si muovono nel buio, pronti a convergere in un’indimenticabile (e, per alcuni, ultima) notte di terrore.

Per concludere, diciamo che pur offrendo delle storie molto semplici, Trick ‘r Treat è indubbiamente il miglior film degli ultimi vent’anni sul tema di Halloween. Un’autentica perla capace di diffondere quell’atmosfera e trascinare il pubblico nella festa più affascinante e suggestiva dell’anno.

Articoli correlati:

– Dolcetto o scherzetto?
Halloween nel mio passato
Halloween 2006
Halloween 2007
– Guida Tv per la notte di Halloween – Versione 2014

Un direzione giusta che ora non ho



Eccomi di nuovo qua. Ancora alle prese col foglio virtuale su cui buttare giù i miei pensieri. E devo ammettere che ne sono molti di pensieri, ultimamente.

Sono giorni strani per me. Giorni caratterizzati dall’alternanza di umori interiori che fanno a pugni tra di loro e che mi impediscono di trovare la direzione giusta verso l’equilibrio e la serenità. Ammesso che esista una direzione.

Ormai sono passato dall’essere un ragazzo dai tanti interessi e le tante passioni ad un uomo dalle innumerevoli incertezze e i pochi punti fermi nella propria vita.

Però scrivere mi fa bene. E questo posto mi ha sempre accolto ed ha sempre raccontato di me.

E allora lasciamo parlare il foglio. Che forse qualcosa in più lo sa comunicare.

Tanto per cominciare mi sono accorto che è passato da poco il compleanno del blog. 16 anni dal primo respiro di My World…. Praticamente un quinto della prospettiva di vita media è raccontato su queste pagine. Allora non ero nemmeno ancora ospitato da WordPress, ma da Splinder. Una piattaforma meno professionale, ma forse più genuina e semplice. Un pò come la mia vita di allora. E malgrado non riesca più a scrivere con la frequenza e la creatività di un tempo (ricordiamoci tutti che io scrivo dal pc dell’ufficio, e il lavoro ormai è tanto e non mi permette le pause di prima) io continuo a lasciare tracce, perchè questo posto ha un suo richiamo su di me. Ad ogni modo, tanti auguri posticipati al My World… che mi permette sempre di imprimere sulle sue pagine nuovi capitoli e contenuti.

Allora, è appena successa una cosa curiosa e voglio che venga raccolta qui. Proprio mentre vi stavo scrivendo della mia volontà di iscrivermi in palestra, ho ricevuto un messaggio. Mio fratello mi chiede di andare a fare boxe insieme. Ed io volevo appunto parlare del fatto che non ho mai fatto palestra, se non forse una ventina di anni fa, per un mese, e un altro paio di mesi di palestra “fai da te in casa” (tra l’altro, salutiamo la sciatalgia che non mi ha mai più lasciato da allora). Ma quello della palestra è sempre stato un mio pallino. In primo luogo perchè da quando ho buttato giù i chili di troppo ho un corpo che manifesta impietosamente il fatto che non ho muscoli degni di essere definiti tali. E poi perchè, mai come in questo periodo, ho bisogno di qualcosa che mi tenga impegnato. E che mi permetta di confezionare delle esperienze nuove. Per la cronaca, dopo il mio Si al messaggio di mio fratello, non ho ricevuto ancora alcun seguito.

Passando ad altro, ultimamente sto cercando di sfoltire la lista di serie tv da vedere. Proprio ieri ho iniziato Ted Lasso, storia di un manager di calcio che viene ingaggiato da una squadra minore inglese e proiettato in una realtà totalmente differente dalla sua. Il pilot di questa serie è stato una piccola perla con una forma di umorismo piuttosto sofisticata. Ed io non vedo l’ora di continuarla per vedere se il seguito confermerà le mie buone sensazioni. Intanto sto provando a mettermi al passo con The Walking Dead, ed ho iniziato il rewatch di Californication. Giusto per ingolfare un pò di più la mia lista.

C’è una cosa però che posso fare mentre mi occupo di altro e che non mi toglie tempo, come invece mi fa il dover scrivere sul blog o guardare serie tv, ed è ascoltare la trasmissione di Enrico Silvestrin.
Chi come me è stato adolescente nei meravigliosi anni novanta, si ricorderà del monopolio senza pari che aveva Mtv, l’emittente incentrata sulla musica e sugli approfondimenti di questo campo. All’epoca Silvestrin è stato tra i primi a volare a Londra per lavorarci, diventando poi anche uno dei Vj più noti quando la stessa Mtv decise di fondare una sede dislocata qui da noi. Di seguito Enrico si è occupato di cinema e reality, ma non ha mai abbandonato il suo interesse per la musica. Oggi Silvestrin propone su Twitch un programma dalle 14 alle 16 (e che quindi posso seguire durante la mia pausa pranzo) di approfondimento musicale e che ha, tra le sue vocazioni, quella di mettere al corrente la sua utenza sull’utilizzo della musica attuale e sulla deriva che stanno prendendo alcuni generi, facendo luce sulle alternative che il mercato offre e delle quali, in Italia, non si parla.
Personalmente trovo che il modo di condurre e di argomentare di Silvestrin sia davvero piacevole, quasi magnetico. E questo tipo di intrattenimento è ciò che mi serve per riempire i vuoti di queste mie giornate.

Ok, penso di aver finito, per stavolta.

Anzi no. C’è una bonus track per i più temerari che sono riusciti ad arrivare fino alla fine di questo articolo: Voglio imparare a cucinare. Al momento è solo un desiderio, perchè non avendo ancora una casa mia è impossibile cimentarmi in questa cosa che però, devo dire, mi affascina molto. Per ora finisce anche questa tra le cose da fare. Un desiderio in più.

Accidenti. Rileggendo il post mi rendo conto che ho scritto tanto, ma niente di cui avevo pensato di scrivere oggi.

Eppure questa cascata di parole mi è servita. E forse una direzione giusta l’ho trovata. La direzione dettata da questo post, che mi ha portato proprio dove volevo. Verso la serenità.

Happy Groundhog Day 2018!

 

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Da Ricomincio da capo (QUI):

“Oggi due febbraio, alle ore sette e venti e trenta secondi, Punxsutawney Phil, il grande indovino, il pronosticatore dei pronosticatori, è emerso riluttante ma allegro a Punxsutawney in Pennsylvania. E ha annunciato in marmottese «A essere sincero, ho visto un’ombra». Il che significa altre sei settimane di inverno.”

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Ormai non serve più nemmeno che spieghi cosa significhi questa ricorrenza per me.  Per gli ultimi arrivati consiglio un veloce ripasso QUI e QUI.


Io sono già pronto per la festa. Niente scuse, aspetto solo di vedere la cerimonia.

Felice Giorno della Marmotta a tutti!

 

 

SITO UFFICIALE AL “GIORNO DELLA MARMOTTA”:

 http://www.groundhog.org/

PORTALE DOVE SEGUIRE L’INTERA CERIMONIA IN DIRETTA:
http://www.visitpa.com/groundhog-day-live-stream

Grazie, 500…

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Viviamo nell’era degli obiettivi. Che tu sia un giocatore da Playstation, un affamato fruitore di serie tv, oppure, semplicemente, uno che utilizza con frequenza stabile un Social Network, ti ritroverai a fare i conti con ciò di cui sto parlando.
Quelli del nostro tempo si sono inventati gli incentivi al passatempo. Giochi? Eh, ma ci sono i trofei da completare. Segui una serie tv? Si, ma non hai vinto il premio per aver visto l’ultima puntata in tempo reale. E quanti Like hai ricevuto in un anno? Insomma, è tutto una rincorsa. Più fai, più vinci. Ma cosa vinci? Qual è il premio a cui in tanti ambiscono? Per quanto mi riguarda il mio interesse verso queste cose è pari a zero. Queste cose lasciano davvero il tempo che trovano. Però.

Però non resto indifferente alla notifica che WordPress ha provveduto a segnalarmi stamattina. Cinquecento followers. Cinquecento persone su questa piattaforma che hanno deciso di seguire le tracce di questo mondo.
E allora il mio premio, oggi, è sapere che esiste una così vasta platea che ha deciso di ricevere aggiornamenti da My World…. Che poi la scelta sia avvenuta per interesse concreto, inerzia o semplice noia poco importa. Il mio premio, oggi siete VOI.

Grazie.

 

Blue Monday

Monday, English weekday message on Paper torn ripped opening

 

C’è questa cosa che hanno istituito in terra anglosassone intorno al 2005, frutto della teoria di un professore universitario, secondo la quale oggi, terzo lunedì dell’anno, sarebbe il giorno più triste e deprimente dell’anno.
La base su cui verte questa storia è un’equazione piuttosto elaborata e composta da diversi elementi: le condizioni meteorologiche, il conto corrente in rosso dovuto allo shopping compulsivo natalizio,  i giorni passati dall’ultimo Natale e quelli passati dalla realizzazione del fallimento dei buoni propositi (ma davvero?!), e ultima, ma non ultima, l’assenza di motivazione e del bisogno di reazione. Non sono sicuro se all’appello debba prendere parte anche il fattore “giorno della settimana”, ma direi che la ricetta è già abbastanza corposa. 
Poi c’è anche chi insinua che il Blue Monday sia una semplice operazione di marketing messa su da qualche agenzia di viaggi con l’intenzione di convincere la platea ad evadere dalla routine quotidiana. Sta di fatto che noi italiani siamo maestri nell’importare e diffondere la cultura altrui. E quindi il Lunedì Blu (o sarebbe meglio definirlo nero) sta prendendo piede anche da noi.

E il mio Blue Monday? Perchè, in effetti è stata proprio la mia esperienza odierna a convincermi a parlarne.
Beh, innanzitutto piove. E’ un lunedì grigio e piovoso. Di quella pioggia leggera e fastidiosa, che crea umidità piuttosto che nutrire la terra. E già così…
Mi alzo e mi preparo con l’entusiasmo di uno che è costretto a seguire un documentario in lingua originale sulla vita dei pescatori cambogiani, ed esco.
Arrivo in garage ed ho il sospetto che qualcosa stoni nel mio ormai rodato schema mattutino. Lo zaino c’è, la chiave per l’accensione dell’auto ce l’ho, manca il telecomando dell’antifurto. Come mio solito sono già in grosso ritardo, e dunque questa improvvisa caccia al tesoro è totalmente sgradita. Mi tocca risalire le scale, facendo occhio al tragitto a ritroso per l’eventuale ritrovamento. Niente. Il ritardo aumenta, il desiderio di darmi per malato pure. Torno in garage ormai rassegnato al fatto di dover far fronte ad una rogna di non poco conto, e trovo il telecomando quasi dietro alla mia auto. Sicuramente sarà volato mentre tiravo fuori la chiave dalla tasca. Ma il rumore della caduta? Evidentemente, starò diventando sordo.
Alla luce di tutto questo, mi consigliate di valutare l’ipotesi di una vacanza da prenotare presso quei geni del marketing di cui parlavo poco sopra? 

Imprevisti a parte, se avete voglia di leggere una classifica sulle canzoni più tristi di sempre, non vi resta che cliccare QUI.

Per quanto mi riguarda, asserisco che l’unico Blue di cui voglia sentire parlare da adesso in poi è la hit degli Eiffel 65 con la quale chiudo questo post.