Remember the past: AVATAR

Tratto da Alone in Kyoto del 22 gennaio 2010
 
 

 “Su e giù per Pandora, il Mondo che non c’è” 

 

 

Avatar - LocandinaDopo la morte del fratello, un ex marine viene reclutato da un gruppo di multinazionali per partecipare ad una missione sul lontano pianeta Pandora, al fine di favorire l’estrazione di un minerale raro in grado di salvare la Terra. Per muoversi, data la tossicità dell’aria, l’uomo si avvale di un Avatar, un essere creato dalla fusione tra il DNA degli umani e quello dei Na’Vi, gli alieni del posto.

Premessa. Io sono per la libertà di espressione, e credo di essere abbastanza aperto ad ogni tipo di confronto. “Ognuno è libero di esprimere e sostenere la propria opinione”, afferma il mio credo. Ma, detto tra noi,  detesto l’anticonformismo spicciolo di coloro che cercano in tutti i modi di andar contro il gregge. Che si parli di Cinepanettoni, dei lavori di Tony Parkinson Scott o, nel caso specifico, della pellicola considerata tra le più importanti dall’inizio del nuovo millennio, non riesco a mandar giù chi è solito sminuire una pellicola con l’intento di sentirsi diverso o, peggio ancora, superiore. Mi sa di snobismo. E detesto lo snobismo quasi quanto le stesse pecore del gregge. 

Detto questo, partiamo subito col dire che Avatar non è un capolavoro. La lista dei difetti della pellicola a cui James Cameron ha lavorato per 13 anni è lunga abbastanza per escludere il film dall’élite del cinema.
Il regista di Terminator, Aliens – Scontro finale, The Abyss e Titanic attinge dal baule storico realizzando un lavoro ibrido in cui alla fantascienza si mescolano influenze che spaziano dall’avventura al fantasy, dalle americanate di grana grossa ai film di guerra. Il contesto in cui si svolge l’ultima mezz’ora, per fare un esempio, riporta alla mente l’orrore e le circostanze al centro del conflitto del Vietnam. Il tutto preceduto da un proclama degno del miglior Braveheart – Cuore Impavido.
Il tratto debole della corda, in Avatar, sta proprio nell’aver voluto imbottire una trama già di per sè flebile e fin troppo telefonata, con una serie di idee riprese da vecchie pellicole e che danno inevitabilmente un lontano senso di dejavu. Il che non sarebbe una novità, se solo non stessimo parlando di una pellicola dalla portata ed ambizione smisurate.

001001Anche la recitazione fallisce nell’impari confronto tra presupposto e risultato finale. Fatta eccezione per le partecipazioni di Giovanni Ribisi (Lost in translation; Nemico Pubblico) e Sigourney Weaver (Alien; The Village), è un cast privo di nomi antisonanti quello che svolge il compitino in maniera sì diligente, ma senza lasciare una traccia rilevante nell’economia della pellicola. In tutta onestà, durante alcune scene in cui la mia attenzione si è soffermata sullo stampo recitativo generale, mi è parso di assistere ad un discreto B-movie, di quelli che vanno in onda durante i martedì sera in piena estate. Ad onor del vero, c’è comunque da sottolineare l’evidente difficoltà legata al dover recitare su un set fatto di sfondi di teli verdi e freddi studios elettronici. 

Ho detto che Avatar non è un capolavoro, è vero. Nonostante i suoi difetti, però, la pellicola (fresca vincitrice di due prestigiosi Globes) si guadagna la promozione grazie ad una regia molto attenta e ad un lodevole lavoro di squadra tra i collaboratori degli effetti digitali e della grafica in generale. In tal senso il film risulta stilisticamente perfetto, con la creazione di un mondo popolato da animali e piante mai concepiti prima, disegnati ed elaborati fin nei minimi particolari, al fine di trasformare il sogno in realtà.
La tecnica 3D, poco invasiva e volta ad esaltare determinati soggetti nella messa a fuoco, ripaga il lavoro di Cameron, valorizzando soprattutto le sequenze girate in soggettiva, attraverso l’uso di speciali telecamere all’avanguardia. Durante le fughe nei boschi di Jake, infatti, vi capiterà praticamente di schivare i numerosi rami delle piante che riempiono l’immensa foresta di Pandora. Le scene migliori, però, vengono offerte dai paessaggi notturni che il pianeta dei Na’Vi offre, con una miriade di specie floreali a far da contorno ad un contesto luminescente da far brillare gli occhi.
Ciò nonostante, non tutti sono rimasti soddisfatti dall’effetto 3D di Avatar. Sentendo qualche commento in sala post-proiezione, alcuni spettatori hanno lamentato il poco coinvolgimento della tecnica, fin tanto che qualcuno ha addirittura osannato il trailer di Alice in Wonderland e la testa dello Stregatto ad un palmo di naso.  Personalmente io ho gradito il modo di utilizzo del 3D nella pellicola. Se non altro non mi ha provocato alcun mal di testa o senso di nausea, a differenza di altri casi. 

Pompato dal processo mediatico oltremisura, a tratti B-movie, a tratti pacchiano, a tratti colossal, Avatar supera comunque l’esame grazie ad una pregevole regia e alle superbe tecniche innovative. Forse non cambierà la storia del cinema, ma l’ultimo film firmato James Cameron rappresenta un sensibile passo in avanti nel settore dell’intrattenimento da

P.s.: La polemica sul mancato divieto ai minori della censua italiana è del tutto infondata. Il film, sigarette della Weaver a parte,  è praticamente innocuo.  

 

Punti di forza: La regia attenta ed innovativa di Cameron; gli scenari mozzafiato; il meraviglioso effetto 3D

 

Punti deboli: La trama prevedibile; le sequenze che sanno di “già visto”; la recitazione non impeccabile;

 

Remember the past: TRICK ‘R TREAT – LA VENDETTA DI HALLOWEEN

Tratto da Alone in Kyoto del 28 ottobre 2009
 
 
 

 “Chi la fa, l’aspetti”

nuova-locandina-di-trick-r-treat-130943_jpg_400x0_crop_q85Un preside sadico ed i suoi strani rituali. Un’affascinante cappuccetto rosso alla ricerca del principe azzurro. Un gruppo di ragazzini testimoni di un oscuro ritrovamento. Un vecchio burbero alle prese con un ospite indesiderato. Quattro storie dell’orrore si rincorrono tra loro, nella particolare cornice della notte più spaventosa dell’anno vissuta in una piccola cittadina dell’Ohio.

L’apertura, in bianco e nero, ci mostra un breve avviso di pubblica utilità in cui si mettono in guardia i bambini sui potenziali rischi celati nella notte di Halloween, specie durante il tradizionale rito del “Dolcetto o scherzetto?”. La sequenza bicromatica lascia presto spazio ad una storiella/aperitivo che anticipa gli strepitosi titoli di testa in stile fumettistico. Una coppia di fidanzati, di ritorno da una parata in maschera, decide di profanare l’evento, violando la regola che vuole la lanterna accesa per tutta  la notte delle streghe. Pessima scelta, come si può prevedere.

trick-r-treat-1Partendo da questo episodio, il regista Michael Dougherty ci mostra una serie di situazioni avvenute nelle ore precedenti, sfruttando al meglio la struttura dell’incrocio narrativo. Lo sceneggiatore di Superman Returns, all’esordio dietro la macchina da presa, scava nel baule delle leggende metropolitane americane e, mediante il vecchio motto del “nulla è ciò che sembra”, gioca con lo spettatore, spiazzandolo in continuazione. In bilico tra impeccabile ironia e tensione equilibrata, Dougherty ci offre una regia mai disordinata, con ottime riprese panoramiche e buona cura degli elementi tipici del contesto halloweeniano.

Forse il maggior merito da riconoscere a Dougherty, però, sta nella capacità (e nella facilità) di passare dalle atmosfere innocue a quelle più inquietanti, attraverso momenti in cui non viene risparmiato qualche onesto brivido allo spettatore. Niente eccessi, però. Nè con gli sbalzi di suono (tipici degli horror contemporanei), nè con lo splatter, nè con gli effetti speciali. A tal proposito, notiamo con piacere come in Trick or Treat sia quasi del tutto assente la tanto dannosa computer grafica (vedi QUI e QUI). L’utilizzo di pupazzi e maschere, invece, dona alla pellicola quel tuffo nel passato che, insieme ad una serie di simpatiche citazioni (La casa 2, In compagnia dei lupi, Cimitero vivente) rende l’atmosfera inebriante per gli amanti del vecchio horror anni ottanta.

trick_r_treat14Un’atmosfera, quella che si percepisce nelle strade di Warrey Valley, in cui prevalgono i colori caldi dei comics e il clima autunnale di fine ottobre. Le lanterne accese lungo i viali, il tappeto di foglie gialle e la parata in maschera avvolgono le mosse dei personaggi, tutti pronti per celebrare al meglio (o al peggio) la suggestiva ricorrenza. Vampiri, zombie, maniaci e la ragazzina più odiosa della storia del cinema horror si muovono nel buio, pronti a convergere in un’indimenticabile (e, per alcuni, ultima) notte di terrore.

Per concludere, diciamo che pur offrendo delle storie molto semplici, Trick ‘r Treat è indubbiamente il miglior film degli ultimi vent’anni sul tema di Halloween. Un’autentica perla capace di diffondere quell’atmosfera e trascinare il pubblico nella festa più affascinante e suggestiva dell’anno.

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