IL NAPOLI E’ CAMPIONE D’ITALIA 2022/2023 (33 anni d’attesa)

La storia della mia vita tinta di #azzurronapoli. Il terzo scudetto è arrivato





I primi ricordi che ho sul Napoli mi vedono bambino, poco interessato al calcio, ma affascinato dal modo in cui mio padre ascoltava le partite alla radiolina la domenica pomeriggio, sdraiato sulla sedia di vimini della stanza da pranzo, pronto ad urlare ad ogni gol annunciato dall’inviato di Tutto il calcio minuto per minuto. E poi c’era il dopo-partita, in cui si scendeva a commentare la cronaca calcistica insieme ai dipendenti della pizzeria sotto casa. Era la seconda metà degli anni ottanta.

Poi c’è stata la conquista della Coppa Uefa, i gol di Gaudino, Maradona, Careca, il ritorno a Stoccarda, le due partite registrate su VHS. La passione stava nascendo.

Il secondo scudetto, quello del 1990, me lo ricordo di più. Mi ricordo soprattutto i festeggiamenti, con mio padre che ci portò a Soccavo, da mio nonno, per assistere al clima di euforia generale. Mi è rimasto impresso il fatto che ci fossero gli esercenti dei bar che, spinti dal buon cuore e dalla voglia di onorare la festa, stavano regalando i gelati al cioccolato e alla panna a tutti i presenti in strada. Altri tempi.

I primi anni novanta sono quelli in cui iniziai seriamente ad interessarmi al calcio, seguendo la partita alla radio, una radiolina gialla con un’antenna mezza ammaccata.

Ma allo stadio non c’ero ancora stato. Mio padre, che anni addietro era stato coinvolto suo malgrado in disordini durante una trasferta ad Avellino, aveva promesso a sé stesso di non metterci più piede. E, di conseguenza, quel veto colpiva anche me. Fino al 1994.

Il mio battesimo al San Paolo è stato in un Napoli – Cagliari, Oliveira ci fece una doppietta, e per gli azzurri c’era già da un po’ la tendenza ad un lento declino fatto di pochi acuti e molte cadute.

I ricordi sono tanti e vividi. Il gol stratosferico di Di Canio sotto la Curva B. Un Bari Napoli 1 a 1 vissuta a casa di mio cugino come se fosse uno spareggio importante.

Una delle emozioni più grandi vissute sugli spalti è stata in occasione di Napoli – Inter, Semifinale di Coppa Italia. Allo stadio ci arrivai a piedi, con mio zio e i miei due cugini pronti a vivere una notte da sogno. La Curva era piena all’inverosimile, tanto che la coreografia, fatta di stelline scintillanti, mise a rischio parecchi giubbini lassù. Pareggiammo con Beto sul finale. Vincemmo ai rigori. Fu bellissimo. E poco importa se poi la finale la perdemmo col Vicenza. Quella notte fu tra le più belle ai miei occhi dell’allora sedicenne.

Ci furono poi gli anni degli abbonamenti allo stadio, prima con un mio amico e poi con mio cugino. Il San Paolo, ai tempi, era molto diverso da quello di oggi. Non c’erano tutte le telecamere di sorveglianza che ci sono oggi ed era un posto molto meno sicuro. A 15 minuti dalla fine della partita, poi, i cancelli d’ingresso venivano aperti a tutti, e potevi addirittura assistere ad una rapina di qualche malintenzionato intento a rubare un orologio.

Intanto il Napoli era diventata una squadra che navigava tra la metà classifica e la salvezza sofferta. Fino a retrocedere in Serie B dopo 33 anni dall’ultima volta (33 anni, i numeri che si ripetono nella storia, ma per motivi diversi).

Altri ricordi. Il ritorno in Serie A, la traversa di Saber contro la Juve. Una notte di capodanno a casa dei miei cugini, a fare un torneo di Fifa 98, e in cui uno di loro fantasticava (senza mai crederci, giusto per riderci su) sulla musichetta della Champions e su fantomatiche partite Napoli – Manchester United o Napoli – Barcellona. Tutti ricordi che mi legano a persone che sono passate nella mia vita e che vedono l’azzurro come filo conduttore.

Il Napoli intanto vive il suo momento storico peggiore. Finisce stabilmente in serie B, fino a fallire.

Il resto è storia recente.

De Laurentiis compra il Napoli e si riparte dalla serie C. La delusione per il mancato salto al primo colpo, i play-off con l’Avellino. La gioia per il ritorno in serie A con Edy Reja. I campioni che crescono e passano dalle nostre parti. Le vittorie in Coppa Italia. La Supercoppa scippata a Pechino, quella conquistata a Doha. Le magiche notti europee. Il Presidente che, secondo alcuni, non vuole vincere perché non gli conviene (ed ho capito che anche qui la storia si ripete, un tempo era Ferlaino ad essere minacciato con le bombe, oggi viene insultato ADL). Fino ai giorni nostri.

Una vita legata all’azzurro, una fede che si è mantenuta salda sia nei momenti più bui che in quelli più esaltanti. Ho perso la voce per il Napoli, ho cambiato il mio modo di vedere le partite (oggi vado molto meno sugli spalti) ma resto sempre tifoso e appassionato della maglia azzurra.

Questo è il nostro momento. Dopo 33 anni ci siamo di nuovo noi in vetta, irraggiungibili.

E’ stata una stagione leggendaria, trionfante, probabilmente irripetibile. L’abbiamo vinta con merito, con onore, senza mai averlo messo in discussione. La lotta scudetto non c’è mai stata. Abbiamo dominato.

È la migliore stagione del Napoli, quella del terzo scudetto. L’anno in cui è anche arrivato per la prima volta ai quarti di Champions.

Si è fatta la storia da raccontare ai posteri.

Lo Scudetto è nostro.

FORZA NAPOLI Sempre 🔵⚪

Come in un episodio di Black Mirror

Provate ad immaginare se tempo fa qualcuno fosse arrivato nella vostra vita, un tizio qualunque, e vi avesse anticipato questa prospettiva:

«Tra qualche anno il mondo dovrà fermarsi. Voi dovrete restarvene chiusi in casa. Non potrete avvicinarvi a nessuno. Dovrete indossare obbligatoriamente delle mascherine protettive. Non potrete andare in giro senza un motivo giustificato da autocertificare su un pezzo di carta da esibire su richiesta delle forze dell’ordine. Tutti i campionati di calcio del mondo si fermeranno nel bel mezzo della fase clou della stagione. Tutto lo sport dovrà fermarsi, anche quelli che tenteranno fino all’ultimo per mandare avanti la giostra. Quei pochi programmi televisivi che andranno ancora in onda in diretta lo faranno senza la presenza del pubblico. Le vostre serie tv preferite verranno sospese o trasmesse solo in lingua originale mentre l’uscita dei nuovi film in programma al cinema verrà annullata o posticipata. Tutto questo mentre gli Stati di tutto il mondo cercheranno di porre riparo alla crisi economica mettendo in atto forme di sostentamento ai cittadini.»

Ora io lo so che questo preambolo oggi non vi suonerà più tanto strano, dal momento che siamo ormai da quasi due mesi in piena emergenza da pandemia del Covid-19. Ma fermatevi un attimo, rileggete il periodo iniziale, chiudete gli occhi ed immaginate la scena tornando indietro nel tempo.
E ora alzi la mano chi non ha pensato ad un fantasioso (e in tal senso affascinante) episodio distopico della famosa serie tv Black Mirror. Uno scenario fuori dalla logica delle nostre vite, fino a qualche tempo fa. E invece oggi… Da brividi.

Aldilà di questa agghiacciante premessa, volevo giusto tirare giù un paio di considerazioni per imprimere su queste pagine il mio io ai tempi della pandemia. Sono ormai quasi due mesi che non metto il naso fuori dal viale di casa. L’ultima volta che sono andato a lavoro in ufficio è stato l’11 marzo. Da allora ho lavorato da casa (il termine smart working è diventato d’uso comune di questi tempi) e devo ammettere di averlo fatto ancora di più di quando sbrigavo le pratiche dalla scrivania dello studio. Peccato però che alla consistente mole di lavoro abbia fatto da contraltare l’assenza dei pagamenti da parte dei clienti, il che ha prodotto un fastidioso paradosso umorale in me. Effetto domino.

Capitolo lavoro a parte, posso serenamente affermare come la reclusione forzata non mi abbia minimamente influenzato sotto il profilo mentale e dello stato d’animo. Ovviamente fa la sua parte il fatto che impiego ancora gran parte della giornata a lavorare, però io credo che dipenda soprattutto dal carattere e dallo spirito d’iniziativa delle persone. E quindi, mentre tutti intorno a me sembrano mostrare insofferenza, sbalzi d’umore e continue lamentele per il persistere dei giorni passati in casa, io ho tratto dal cambio di stile di vita il piacevole gusto della novità.

Innanzitutto ho imparato ad osare. Dato il protrarsi della chiusura forzata dei barbieri, mi sono finalmente tolto lo sfizio di rasarmi totalmente i capelli. Tanto ricresceranno, mi sono detto. E poi mi vedo molto meglio di quanto potessi immaginare.

Ho capito l’importanza benefica del sole. Prima di questo periodo mi sono sempre limitato dallo stare a prendere il sole sul balcone, preoccupandomi di risultare troppo inadeguato al contesto. E invece mi sono accorto che il sole, quando c’è, funge davvero un ruolo essenziale sul mio fisico e la mia mente. Quindi me lo godo, anche sul balcone.

Sto rivalutando l’Universo Marvel. Nonostante mi sia sempre considerato un nerd, i film della Marvel (che per noi nerd sono una sorta di marchio distintivo) non hanno mai attirato la mia attenzione. La quarantena (… e Disney+) mi ha dato lo slancio per iniziare questa lunga maratona con protagonisti i supereroi più amati del mondo e, facendo il giusto compromesso con la logica e con l’età, ho capito che riesco addirittura a farmi passare le 2 ore di visione senza annoiarmi.

Infine il calcio. E’ incredibile come un appassionato incallito del Napoli come me possa essere arrivato a farne senza. Nessun peso, come se non fosse mai esistito nella mia vita. Anche questo è il potere del periodo che viviamo. Si dice che un’abitudine ha bisogno di 21 giorni per insinuarsi nella vita di un individuo. Questo parametro viene usato per chi vuole smettere di fumare, ad esempio, o per chi è a dieta ed ha delle abitudini alimentari eccessive. Beh, io credo di aver sperimentato questa cosa nella mia dipendenza col calcio. E funziona.
L’unica cosa che i 21 giorni della teoria non riescono proprio a farmi smettere (ma nemmeno in 21 anni, mi sa) è il credere ancora in questo. Ma quell’ideale prima o poi imparerò ad accettarlo senza dolore.