Le serie tv che meriterebbero di arrivare in Italia

The Twilight zone Italia

 

Ultimamente sono in fissa con le serie tv. Non che non lo sia mai stato, seguire le serie rientra tra le mie passioni, solo che in questo periodo ci sto proprio dentro. Complice TV Time, un app che permette di tenere conto di tutte le puntate viste e da vedere, e che svolge un occulto lavoro di assuefazione da intrattenimento.  Quasi una droga, insomma. Un incentivo a collezionare nuovi contenuti. E, come qualcuno di voi forse ricorda, io ho sempre avuto un debole per le collezioni.

Dunque, sono diventato quasi un cacciatore di serie tv, tanto da essere finito oltre la trincea, oltrepassando la zona di confine in cui si trovano i prodotti che non sono ancora arrivati (e forse mai lo faranno) da noi italiani. Ed ho trovato roba davvero interessante. 

Ricordate la serie cult ideata da Rod Serling “Ai confini della realtà”? Era una serie tv antologica i cui episodi avevano in comune l’essere ambientati in un universo parallelo fantastico. Oltre ad aver ispirato un film (molto buono) verso la metà degli anni ottanta, Ai confini della realtà si può dire che sia stato il precursore di quel Black Mirror tanto acclamato dalle nuove generazioni. Stesso cinismo ed un effetto sorpresa shock che è stato il marchio di fabbrica per gli episodi di entrambi i prodotti. Dopo due tentativi di revival mal riusciti (nel 1985 e nel 2002), il soggetto di The Twilight Zone (questo il titolo originale della serie, QUI) torna alla ribalta grazie all’emittente CBS All Access, trovando alla produzione il premio Oscar Jordan Peele (Scappa – Get out, Noi). La mia valutazione soggettiva, quando sono ormai arrivato al quinto episodio è una promozione totale. The Twilight Zone 2019 ritrova gli elementi tipici della serie originale omaggiandola con numerose easter eggs che strizzano l’occhio ai più nostalgici. Tra l’altro è stata già rinnovata per una seconda stagione. 

 

THE TWILIGHT ZONE – TRAILER

 

In Italia la piattaforma che distribuisce contenuti d’intrattenimento via streaming più conosciuta è indubbiamente Netflix. Ma ci sono altre società che si stanno affermando in questo campo. Una di queste è Hulu, tra i cui prodotti c’è l’interessante Into the dark, serie horror da un’uscita al mese. Anche in questo caso ogni episodio ha una storia a sè ed ha come soggetto la festività del mese in questione. Di Into the dark ho visto solo il primo episodio ma mi è bastato per approvarlo in pieno, soprattutto per la sua intenzionale esagerazione. In sintesi mi è sembrato un vecchio film degli anni ottanta. Stesso stile, stessi temi musicali, stesse luci al neon. Se le premesse sono quelle del pilota, ci sarà da divertirsi. Devo trovare solo il tempo per recuperare gli altri episodi.

 

INTO THE DARK – TRAILER

 

Restando in tema di episodi da recuperare segnalo un’altra serie che conto di vedere a breve: Castle Rock. Proveniente sempre da Hulu, la serie prende il nome dalla cittadina immaginaria che fa da cornice a numerose storie scritte da Stephen King. Personalmente stavo aspettando che fosse doppiata in italiano per poi guardarla, ma ad oggi non sembrano esserci spiragli di acquisizione da parte di network nostrani. E allora, alla luce della conferma di una sua seconda stagione in fase di produzione, lo guarderò in lingua originale.

 

CASTLE ROCK – TRAILER

 

L’ultima serie ancora inedita che voglio menzionare è Channel Zero. Anche qui siamo nell’ambito delle serie antologiche, stavolta dalla struttura narrativa simile a quella American Horror Story (ogni storia dura una stagione). Trasmessa dal canale americano Syfy, Channel Zero racconta le paure originate dai creepypasta, quelle leggende metropolitane che negli ultimi anni si sono sviluppate ed espanse attraverso pc e messaggi su smartphone. Quattro stagioni da sei episodi ognuna.

 

CHANNEL ZERO – PROMO

 

E se qualcuno si stesse chiedendo se ho deciso di dedicarmi solo alle serie in lingua originale, la risposta è no. Seguo ancora le serie doppiate. Da poco ho iniziato Lucifer su Netflix, anche se la sto trovando piuttosto noiosa e alquanto sopravvalutata. 

Nessun uomo è un’isola. Oppure si?

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Nick Hornby
è uno scrittore e sceneggiatore inglese, autore di libri di successo dallo stile ironico e tagliente, come Febbre a 90° e Un ragazzo. Proprio da quest’ultimo romanzo è stato realizzato il film About a boy dei fratelli Paul e Chris Weitz (La bussola d’oro, New Moon), il cui prologo è questo qui:

 

 

Innanzitutto, il mio consiglio è quello di recuperare subito questa pellicola: leggera, dal finale piuttosto scontato, ma con spunti di riflessione davvero interessanti. Uno fra tutti, quello che viene fuori dall’introduzione appena vista. Siamo isole o no?

Personalmente, la natura solitaria mi porta ad avere uno stile di vita da isola, riducendo i rapporti sociali e circoscrivendoli ai modi e i tempi che conciliano il mio modo d’essere. Ovviamente, se allarghiamo l’argomento agli interessi (leggere libri, utilizzare network popolati da una comunità), allora il discorso cambia: non possiamo essere isole. 

Lasciandovi la possibilità di dire la vostra, vi ricordo che siamo entrati nei giorni della merla, il periodo in cui, secondo la leggenda, dovrebbe esserci il freddo più intenso dell’anno. Tradizione che questo 2018 parrebbe smentire. Dalle mie parti, infatti, oggi si sta piuttosto bene.

Sanremo 2015

sanremo-2015

 

Anche se non riesco più a seguirlo come una volta, Sanremo resta QUESTO.

E, visto che di tempo non ce n’è molto, mi concedo giusto un break per ascoltare una delle canzoni più belle delle ultime edizioni. E’ una poesia piena di rabbia, la consapevolezza di un amore finito. E’ Lasciarsi un giorno a Roma di Niccolò Fabi.

 
 

Compilation Estate – Versione 2014

Mi è sempre piaciuto preparare delle playlist di canzoni scelte in base alla stagione che si attraversa (come già spiegato QUI e QUI). D’altronde lo trovo un metodo molto efficace per sviluppare il senso di simbiosi tra noi ed il contesto circostante. 

La mia Compilation Estiva, per accezione del termine, va inevitabilmente incentrata su base dance. All’estate sono legati i miei ricordi delle vacanze in cui erano frequenti le uscite in discoteca ed i giri in auto con amici e con lo stereo a palla.  Quest’anno ho deciso di realizzare una lista di brani in cui devo riconoscere, per amore della verità, la presenza dell’elemento “truzzo”. 

Si comincia con il remix curato dai RAC di Hollywood dei Penguin Prison, brano dal riff semplice e leggero, un pò come la bella stagione appunto.

Si passa a Day 1 di Leslie Grace, una bachata (… e lo so, molti di voi storceranno il naso) a metà tra l’inglese e lo spagnolo.

C’è poi Little Love di Alex Gaudino, seconda traccia contenuta nella Hit Mania Dance Estate del 2005, il cui suono unito alla bravura della vocalist evoca in me ricordi di una serata su una spiaggia friulana.

Alexandra Stan è conosciuta ai più per il titolo di successo Mr. Saxobeat. Io invece l’ho apprezzata per l’ottimo singolo del 2012, un pò meno conosciuto, intitolato Lemonade.  

Segue Safe and Sound dei Capital Cities, successone della scorsa estate. 

Chicane (al secolo Nick Bracegirdle) è un deejay inglese i cui pezzi trance sono per me una sorta di apertura naturale verso la bella stagione. Stoned in love è il brano che ho inserito quest’anno. 

Adesso lo so che perderò la stima di parecchi di voi, ma non posso omettere dal dirlo: c’è un pezzo di Justin Bieber nella mia compilation estiva di quest’anno. La canzone è Beauty and A Beat ed è in collaborazione con Nicki Minaj. Vi invito a cancellare per un momento l’idea che avete dello spocchioso ragazzino, a guardarvi il video girato nel parco acquatico Raging Waters, ed a fare attenzione alle seconde voci presenti nella canzone. Perdonatemi.

Riprendiamoci con Buzzin’ del rapper Shwayze, pezzo del 2008, il cui video ci riporta ai falò sulla spiaggia.

Penultima canzone. Ti.Pi.Cal., un gruppo dance nostrano che ha avuto il maggiore successo negli anni novanta, suonano nel 2011 Stars

Chiusura con tanto di post in fondo all’articolo per la bellissima Ride dei Cary Brothers, canzone contenuta nella colonna sonora di The Last Kiss. Buon ascolto.

 

Riflessioni musicali

Primavera Musicale

 

Mi piace associare una determinata canzone ai ricordi e ai contesti temporali. La mia playlist rievoca emozioni del periodo in cui ho ascoltato quei brani. Abbiamo canzoni estive, e canzoni invernali, e via dicendo. Ogni pezzo è intriso della condizione dell’epoca. E così rimane nel tempo. Come marchiata. Le canzoni primaverili le apprezzo particolarmente perchè supportano il mio animo, lo ravvivano, lo risvegliano dopo il freddo inverno. Anche in questo periodo, tra le poche canzoni ascoltabili, ho trovato qualcosa che si accosta ai miei gusti e che si candida ad entrare nella playlist in maniera permanente. Si tratta di Logico #1 di Cesare Cremonini.
Benchè abbia una certa predilezione per la musica straniera, ci sono alcuni brani italiani che riescono a rapirmi ed a conquistare il mio apprezzamento. Logico #1 ha un ritmo incalzante, un beat molto veloce e un arrangiamento ben confezionato. In esso ho trovato somiglianze con lo stile di altri artisti che gradisco. Mi emoziona. Così come mi emozionano 27 aprile de Il nucleo, Lasciarsi un giorno a Roma di Nicolò Fabi o alcune canzoni di Mario Venuti.  Insomma, Cremonini ha fatto centro. Aspettando l’album intero.

Passando ad un’altra considerazione, stavo pensando alle distinzioni tra stili musicali delle varie decadi. E mi sono accorto che alcune canzoni degli anni novanta hanno un tratto distintivo che mi piace tantissimo: la coda finale lunga. Cos’hanno in comune Una Rosa blu di Michele Zarrillo, To the moon and back dei Savage Garden e Playing My Game di Lene Marlin? Hanno tutte un finale strumentale di giri armonici che supera il minuto. Anche Mmm Mmm Mmm dei Crash Test Dummies e 2 become 1 delle Spice Girls posseggono, in parte, la stessa caratteristica. Ora non so se si tratta davvero di una moda dei produttori dell’epoca o di una mera mossa volta ad allungare il brodo, ma la cosa funziona. 

C’è anche una canzone contemporanea che sfrutta in un tratto della sua durata una variante della coda strumentale: è Money on my mind di Sam Smith. Eccola per voi. 

 

Pensieri d’aprile: Le fantastiche sei e l’evento dell’anno

wrestlemania

Primo weekend di aprile alle porte: tempo instabile e livello di stanchezza considerevole. Sono lontani i giorni in cui mi svegliavo davvero riposato dopo un appagante sonno notturno. Il mio stile di vita è cambiato parecchio negli ultimi anni, complice la nuova distanza casa-lavoro, e il dormire di meno è una delle conseguenze.  
Dicono che per vivere bene bisognerebbe riposare almeno otto ore a notte. A me, se proprio va bene, ne sono sei. Invidio molto, in tal senso, le persone che riescono a ricaricare le pile in poche ore, quelli che alle sei del mattino sono già giù dal letto, attivi e contenti di esserlo. Mi piacerebbe potermi svegliare sempre all’alba e godermi le meraviglie che solo una certa ora riesce ad offrire

Passando oltre, questo è il weekend di Wrestlemania XXX. Chi mi legge dagli albori di My World... sa che in passato sono stato un accanito appassionato di wrestling, tanto da recensire di tanto in tanto qualche evento quissù. Adesso l’interesse è scemato, vuoi perchè la disciplina è cambiata, e vuoi perchè sono inevitabilmente cambiato anch’io. 
Ma Wrestlemania è Wrestlemania. E’ l’evento principe della federazione, il Superbowl del wrestling, un appuntamento imperdibile per i cultori del genere. A prenderne parte non sono solo i lottatori impiegati in pianta stabile negli show, ma anche cantanti, gruppi musicali, attori e vecchie glorie che, per una notte, decidono di far la storia in una cornice di pubblico spettacolare. Per un sostenitore nostalgico dei tempi andati come me, dunque, Wrestlemania resta una tappa fissa. Nonostante il tempo che passa.

 

Il tempo a disposizione è giunto al termine anche stavolta, e tra poco inizierà il mio fine settimana. Nell’augurarvi di trascorrere momenti piacevoli, vi lascio con la canzone Touche dei Goodsmack. A presto.

 

Gira e rigira… Sanremo ritorna sempre

Festival di Sanremo 2014

Che non sia più la manifestazione di una volta è tristemente vero. Il pubblico fruitore del servizio è cambiato. La generazione presente pare essere disinteressata. Le esigenze sono diverse e i canali di comunicazione sono innumerevoli e dalla ampia facoltà di scelta.

Però Sanremo è Sanremo.

Sanremo è mio padre, negli anni ottanta, che registra le canzoni sulla cassettina per poi ascoltarle in auto (…e attento a staccare sul parlato degli speakers, eh!?).

Sanremo è il periodo dell’anno fatto di profumi di primavera, dei dolci di carnevale,  il risveglio della natura.

Sanremo è indovinare quante canzoni resisteranno alle rughe del tempo e quante finiranno dimenticate.

Sanremo è la sorpresa, il gossip, i duetti indimenticabili.

Sanremo è le contestazioni, i plagi, l’ospite imprevisto.

Sanremo è l’evento. Lo sarà sempre.

 

E allora adesso sapete cosa guarderò stasera in Tv. Come una ricorrenza da onorare, una tradizione da tramandare. Evviva Sanremo.

 

Ciao, Philip

PSH

Un fulmine a cielo sereno. O, almeno, così è apparsa ai miei occhi l’inaspettata notizia della morte di Philip Seymour Hoffman

Quarantasei anni ma con già una lodevole carriera alle spalle, l’attore newyorkense si è spento ieri nella stanza di un edificio in Bethune Street, battuto da una delle armi più pericolose e traditrici di quest’era: l’eroina

Ci aveva provato, Philip, ad uscire dal tunnel. Aveva provato a mettersi nelle mani dei medici per una disintossicazione e una riabilitazione necessarie per il proseguo della sua esistenza. Ma è ricaduto.

Di lui restano le molteplici prove attoriali a cui ci ha abituato ad assistere nel corso degli anni. E, personalmente, mi resta il ricordo della magistrale interpretazione di Lester Bangs in Almost Famous – Quasi Famosi (di cui potete vedere l’estratto più intenso qui di seguito). Il ruolo del più grande giornalista rock di tutti i tempi affidato ad uno degli attori più talentuosi di sempre. In quella pellicola, Hoffman ritagliò su se stesso il ruolo di “uncool”, di sfigato, riservando sguardi ed atteggiamenti nei quali uno come me si è sempre ritrovato. Un parallelismo a me molto caro che, d’ora in poi, diventa ancora più sentito.

E, di parallelismo in parallelismo, c’è ancora una cosa che accomuna il timido (nella vita) Philip Seymour Hoffman all’anticonformista Lester Bangs: lo stesso tragico epilogo per overdose.

Salutaci gli angeli, Phil.