Come in un episodio di Black Mirror

Provate ad immaginare se tempo fa qualcuno fosse arrivato nella vostra vita, un tizio qualunque, e vi avesse anticipato questa prospettiva:

«Tra qualche anno il mondo dovrà fermarsi. Voi dovrete restarvene chiusi in casa. Non potrete avvicinarvi a nessuno. Dovrete indossare obbligatoriamente delle mascherine protettive. Non potrete andare in giro senza un motivo giustificato da autocertificare su un pezzo di carta da esibire su richiesta delle forze dell’ordine. Tutti i campionati di calcio del mondo si fermeranno nel bel mezzo della fase clou della stagione. Tutto lo sport dovrà fermarsi, anche quelli che tenteranno fino all’ultimo per mandare avanti la giostra. Quei pochi programmi televisivi che andranno ancora in onda in diretta lo faranno senza la presenza del pubblico. Le vostre serie tv preferite verranno sospese o trasmesse solo in lingua originale mentre l’uscita dei nuovi film in programma al cinema verrà annullata o posticipata. Tutto questo mentre gli Stati di tutto il mondo cercheranno di porre riparo alla crisi economica mettendo in atto forme di sostentamento ai cittadini.»

Ora io lo so che questo preambolo oggi non vi suonerà più tanto strano, dal momento che siamo ormai da quasi due mesi in piena emergenza da pandemia del Covid-19. Ma fermatevi un attimo, rileggete il periodo iniziale, chiudete gli occhi ed immaginate la scena tornando indietro nel tempo.
E ora alzi la mano chi non ha pensato ad un fantasioso (e in tal senso affascinante) episodio distopico della famosa serie tv Black Mirror. Uno scenario fuori dalla logica delle nostre vite, fino a qualche tempo fa. E invece oggi… Da brividi.

Aldilà di questa agghiacciante premessa, volevo giusto tirare giù un paio di considerazioni per imprimere su queste pagine il mio io ai tempi della pandemia. Sono ormai quasi due mesi che non metto il naso fuori dal viale di casa. L’ultima volta che sono andato a lavoro in ufficio è stato l’11 marzo. Da allora ho lavorato da casa (il termine smart working è diventato d’uso comune di questi tempi) e devo ammettere di averlo fatto ancora di più di quando sbrigavo le pratiche dalla scrivania dello studio. Peccato però che alla consistente mole di lavoro abbia fatto da contraltare l’assenza dei pagamenti da parte dei clienti, il che ha prodotto un fastidioso paradosso umorale in me. Effetto domino.

Capitolo lavoro a parte, posso serenamente affermare come la reclusione forzata non mi abbia minimamente influenzato sotto il profilo mentale e dello stato d’animo. Ovviamente fa la sua parte il fatto che impiego ancora gran parte della giornata a lavorare, però io credo che dipenda soprattutto dal carattere e dallo spirito d’iniziativa delle persone. E quindi, mentre tutti intorno a me sembrano mostrare insofferenza, sbalzi d’umore e continue lamentele per il persistere dei giorni passati in casa, io ho tratto dal cambio di stile di vita il piacevole gusto della novità.

Innanzitutto ho imparato ad osare. Dato il protrarsi della chiusura forzata dei barbieri, mi sono finalmente tolto lo sfizio di rasarmi totalmente i capelli. Tanto ricresceranno, mi sono detto. E poi mi vedo molto meglio di quanto potessi immaginare.

Ho capito l’importanza benefica del sole. Prima di questo periodo mi sono sempre limitato dallo stare a prendere il sole sul balcone, preoccupandomi di risultare troppo inadeguato al contesto. E invece mi sono accorto che il sole, quando c’è, funge davvero un ruolo essenziale sul mio fisico e la mia mente. Quindi me lo godo, anche sul balcone.

Sto rivalutando l’Universo Marvel. Nonostante mi sia sempre considerato un nerd, i film della Marvel (che per noi nerd sono una sorta di marchio distintivo) non hanno mai attirato la mia attenzione. La quarantena (… e Disney+) mi ha dato lo slancio per iniziare questa lunga maratona con protagonisti i supereroi più amati del mondo e, facendo il giusto compromesso con la logica e con l’età, ho capito che riesco addirittura a farmi passare le 2 ore di visione senza annoiarmi.

Infine il calcio. E’ incredibile come un appassionato incallito del Napoli come me possa essere arrivato a farne senza. Nessun peso, come se non fosse mai esistito nella mia vita. Anche questo è il potere del periodo che viviamo. Si dice che un’abitudine ha bisogno di 21 giorni per insinuarsi nella vita di un individuo. Questo parametro viene usato per chi vuole smettere di fumare, ad esempio, o per chi è a dieta ed ha delle abitudini alimentari eccessive. Beh, io credo di aver sperimentato questa cosa nella mia dipendenza col calcio. E funziona.
L’unica cosa che i 21 giorni della teoria non riescono proprio a farmi smettere (ma nemmeno in 21 anni, mi sa) è il credere ancora in questo. Ma quell’ideale prima o poi imparerò ad accettarlo senza dolore.

Sanremo 2020

sanremo-2020

 

Altra assenza prolungata, altro ritorno fugace. La vita è cambiata ed il tempo per stare qui ad aggiornare il blog è sempre meno. Anche perchè dovrei farlo esclusivamente da lavoro, e in ufficio (da qualche mese ormai) ho una postazione diversa rispetto a prima, più esposta. Ma so che questo luogo mi aspetta sempre e non mi chiede la presenza fissa. La mia vecchia isola di quasi 14 anni aspetta immobile il mio ritorno. Ed eccomi qua.

Insomma 70esima edizione del Festival di Sanremo. Quest’anno lo conduce Amadeus tra le (immancabili) polemiche e l’ingombrante presenza di Fiorello (figura fissa in ogni serata, al pari di Tiziano Ferro).

 

Questa la lista dei cantanti e delle canzoni in gara:

Achille Lauro – Me ne frego
Alberto Urso – Il sole a est
Anastasio – Rosso di rabbia
Bugo e Morgan – Sincero
Diodato – Fai rumore
Elettra Lamborghini – Musica (E il resto scompare)
Elodie – Andromeda
Enrico Nigiotti – Baciami adesso
Francesco Gabbani – Viceversa
Giordana Angi – Come mia madre
Irene Grandi – Finalmente io
Junior Cally – No grazie
Le Vibrazioni – Dov’è
Levante – Tiki Bom Bom
Marco Masini – Il confronto
Michele Zarrillo – Nell’estasi o nel fango
Paolo Jannacci – Voglio parlarti adesso
Piero Pelù – Gigante
Pinguini Tattici Nucleari – Ringo Starr
Rancore – Eden
Raphael Gualazzi – Carioca
Riki – Lo sappiamo entrambi
Rita Pavone – Niente (Resilienza 74)
Tosca – Ho amato tutto

 

Tra gli ospiti annunciati, invece, conferme finora per Roberto Benigni, Johnny Dorelli, Massimo Ranieri, Gigi D’Alessio, la formazione completa dei Ricchi e Poveri, Al Bano e Romina Power, Gianna Nannini, Ghali, Zucchero, Biagio Antonacci, oltre agli internazionali Dua Lipa, Mika e Lewis Capaldi.

 

Personalmente trovo la scelta dei cantanti davvero buona (diciamo per due terzi molto buona), e sono curioso di vedere se il livello delle mie attese sarà confermato dai brani. Nessun pronostico stavolta però. Buon Festival a tutti.

Tough Love di Avicii è la mia canzone dell’Estate 2019

Ho scaricato Deezer, app molto utile per ascoltare musica in alta qualità. Questo non vuol dire che io abbia abbandonato Spotify (la cui interfaccia continua a piacermi molto di più), ma Deezer in questo periodo rappresenta quel bonus che mancava e che ti ritrovi inaspettatamente.

La nuova applicazione stamattina mi ha proposto tra i brani delle uscite settimanali Tough Love, nuovo singolo del compianto dj svedese Avicii. Dopo averla bocciata al primo ascolto, ammetto di essermi ricreduto rivalutandola (complice anche il messaggio positivo del testo), tanto da eleggerla, forse frettolosamente, come personale canzone dell’estate 2019.

Tough Love. Buon weekend.

Le serie tv che meriterebbero di arrivare in Italia

The Twilight zone Italia

 

Ultimamente sono in fissa con le serie tv. Non che non lo sia mai stato, seguire le serie rientra tra le mie passioni, solo che in questo periodo ci sto proprio dentro. Complice TV Time, un app che permette di tenere conto di tutte le puntate viste e da vedere, e che svolge un occulto lavoro di assuefazione da intrattenimento.  Quasi una droga, insomma. Un incentivo a collezionare nuovi contenuti. E, come qualcuno di voi forse ricorda, io ho sempre avuto un debole per le collezioni.

Dunque, sono diventato quasi un cacciatore di serie tv, tanto da essere finito oltre la trincea, oltrepassando la zona di confine in cui si trovano i prodotti che non sono ancora arrivati (e forse mai lo faranno) da noi italiani. Ed ho trovato roba davvero interessante. 

Ricordate la serie cult ideata da Rod Serling “Ai confini della realtà”? Era una serie tv antologica i cui episodi avevano in comune l’essere ambientati in un universo parallelo fantastico. Oltre ad aver ispirato un film (molto buono) verso la metà degli anni ottanta, Ai confini della realtà si può dire che sia stato il precursore di quel Black Mirror tanto acclamato dalle nuove generazioni. Stesso cinismo ed un effetto sorpresa shock che è stato il marchio di fabbrica per gli episodi di entrambi i prodotti. Dopo due tentativi di revival mal riusciti (nel 1985 e nel 2002), il soggetto di The Twilight Zone (questo il titolo originale della serie, QUI) torna alla ribalta grazie all’emittente CBS All Access, trovando alla produzione il premio Oscar Jordan Peele (Scappa – Get out, Noi). La mia valutazione soggettiva, quando sono ormai arrivato al quinto episodio è una promozione totale. The Twilight Zone 2019 ritrova gli elementi tipici della serie originale omaggiandola con numerose easter eggs che strizzano l’occhio ai più nostalgici. Tra l’altro è stata già rinnovata per una seconda stagione. 

 

THE TWILIGHT ZONE – TRAILER

 

In Italia la piattaforma che distribuisce contenuti d’intrattenimento via streaming più conosciuta è indubbiamente Netflix. Ma ci sono altre società che si stanno affermando in questo campo. Una di queste è Hulu, tra i cui prodotti c’è l’interessante Into the dark, serie horror da un’uscita al mese. Anche in questo caso ogni episodio ha una storia a sè ed ha come soggetto la festività del mese in questione. Di Into the dark ho visto solo il primo episodio ma mi è bastato per approvarlo in pieno, soprattutto per la sua intenzionale esagerazione. In sintesi mi è sembrato un vecchio film degli anni ottanta. Stesso stile, stessi temi musicali, stesse luci al neon. Se le premesse sono quelle del pilota, ci sarà da divertirsi. Devo trovare solo il tempo per recuperare gli altri episodi.

 

INTO THE DARK – TRAILER

 

Restando in tema di episodi da recuperare segnalo un’altra serie che conto di vedere a breve: Castle Rock. Proveniente sempre da Hulu, la serie prende il nome dalla cittadina immaginaria che fa da cornice a numerose storie scritte da Stephen King. Personalmente stavo aspettando che fosse doppiata in italiano per poi guardarla, ma ad oggi non sembrano esserci spiragli di acquisizione da parte di network nostrani. E allora, alla luce della conferma di una sua seconda stagione in fase di produzione, lo guarderò in lingua originale.

 

CASTLE ROCK – TRAILER

 

L’ultima serie ancora inedita che voglio menzionare è Channel Zero. Anche qui siamo nell’ambito delle serie antologiche, stavolta dalla struttura narrativa simile a quella American Horror Story (ogni storia dura una stagione). Trasmessa dal canale americano Syfy, Channel Zero racconta le paure originate dai creepypasta, quelle leggende metropolitane che negli ultimi anni si sono sviluppate ed espanse attraverso pc e messaggi su smartphone. Quattro stagioni da sei episodi ognuna.

 

CHANNEL ZERO – PROMO

 

E se qualcuno si stesse chiedendo se ho deciso di dedicarmi solo alle serie in lingua originale, la risposta è no. Seguo ancora le serie doppiate. Da poco ho iniziato Lucifer su Netflix, anche se la sto trovando piuttosto noiosa e alquanto sopravvalutata. 

Una bella scoperta: Gli Ex-Otago

Ex Otago dress

 

Sanremo 2019 è stato consegnato agli archivi. Un’edizione controversa e piena di polemiche che sta avendo strascichi imprevisti ancora oggi. Chi ha vinto e chi ha perso (e come ha perso) affrontano giornalisti ed esperti di settore a colpi di dichiarazioni, smentite ed assenze ingiustificate in tv.
Tuttavia c’è una realtà che sembra essere passata in sordina, forse proprio perchè provocazioni e critiche non riescono a far presa sulla loro immagine. Una band dalla faccia pulita che onestamente non conoscevo, ma che mi piace ogni giorno di più. Sto parlando degli Ex-Otago

Gruppo genovese fondato nel 2002 (quasi 20 anni di storia di cui personalmente ignoravo l’esistenza!), gli Ex-Otago nascono nella loro formazione originaria come un trio acustico, salvo poi trasformarsi e rinnovarsi, col tempo, nel progetto indie pop attuale. Il nome, così singolare, deriva da una squadra di rugby neozelandese che ha nel suo palmarès la vittoria di un campionato da outsider. 
Allo scorso Festival hanno partecipato con il brano Solo una canzone (QUI per l’ascolto) ballad romantica che racconta le difficoltà di un amore non più giovane, raggiungendo un rispettabilissimo 13esimo posto su 24 artisti in gara. 

Incuriosito, quindi, ho iniziato ad ascoltare su Spotify il loro ultimo album, Corochinato. Ed è stata la conferma del colpo di fulmine.

Premesso che il mio giudizio è fondato esclusivamente sul suddetto lavoro, non posso che rimarcare la buona impressione data da Solo una canzone. Le sonorità dell’album ricordano quelle anni ottanta, periodo in cui primeggiava il synth e tutti quei suoni artefatti ed elettronici che avvolgevano la maggior parte dei brani. A tal proposito, il primo accostamento che mi è venuto da fare quando ho ascoltato questo album è stato quello con i Thegiornalisti, un altro gruppo che è partito dal circuito indie per poi affermarsi su scala commerciale. 

I testi delle canzoni di Corochinato sono per la maggior parte dei racconti, a volte senza cantato, sull’amore e le sue sfumature. Dall’amore agli albori a quello consolidato, da quello in crisi fino a quello giunto al termine ma non accettato. Canzoni parlate, a volte anche con una metrica che balla sul filo del rasoio, ma che trattano i temi in maniera inedita e spesso leggera. 

Menzione di merito speciale per il frontman Maurizio Carucci e la sua zeppola che ricorda quella Jovanotti. Un ragazzone simpatico e spigliato che sa tenere il palco e che (sembra) non essersi montato la testa. 

Per concludere vi lascio con una preview di Spotify contenente tutti i dieci brani dell’album Corochinato. Buon weekend.

 

 

Sanremo 2019

Sanremo 2019 Logo

 

Il Festival di Sanremo mi piace, e lo sapete. Solo che quest’anno non lo sento. Come ho già spiegato in occasione della passata edizione, non ho una buona affinità col direttore artistico Claudio Baglioni e questo ha un pò smorzato la mia curiosità che, in genere, precede di parecchio quest’evento.

Tuttavia, pur avendo già parlato ampiamente in passato del motivo del mio interesse per questa manifestazione, mi andava di lasciare una traccia della 69esima edizione del Festival qui su My World… 

Questa la lista delle canzoni in gara:

Arisa Mi sento bene
Loredana Bertè Cosa ti aspetti da me
BoomDaBash Per un milione
Federica Carta e Shade Senza farlo apposta
Simone Cristicchi Abbi cura di me
Nino D’Angelo e Livio Cori Un’altra luce
Einar Parole nuove
Ex-Otago Solo una canzone
Ghemon Rose viola
Il Volo Musica che resta
Irama La ragazza con il cuore di latta
Achille Lauro Rolls Royce
Mahmood Soldi
Motta Dov’è l’Italia
Negrita I ragazzi stanno bene
Nek Mi farò trovare pronto
Enrico Nigiotti Nonno Hollywood
Patty Pravo con Briga Un po’ come la vita
Francesco Renga Aspetto che torni
Daniele Silvestri Argentovivo
Anna Tatangelo Le nostre anime di notte
The Zen Circus L’amore è una dittatura
Paola Turci L’ultimo ostacolo
Ultimo I tuoi particolari

Ci credete se vi dico che non avevo ancora dato un’occhiata ai partecipanti? Bene. In quello che sembra essere il Festival dei ritorni, posso dire che, per quanto mi riguarda, l’attenzione sarà puntata sui brani di Arisa, Cristicchi, Renga e Silvestri, mentre scommetto su Nek come vincitore della sfida per la canzone più radiofonica. E poi c’è Ultimo che mi incuriosisce (la sua Ti dedico il silenzio mi sta accompagnando in questo periodo). 

Tanti i superospiti finora confermati, quasi tutti italiani: Eros Ramazzotti, Luis Fonzi, Fiorella Mannoia, Marco Mengoni, Tom Walker, Ligabue, Elisa, Alessandra Amoroso, Andrea Bocelli, Giorgia e Antonello Venditti

Quel che è certo è che, Baglioni a parte, qualcosa resterà nella storia anche quest’anno. Perchè Sanremo è Sanremo. O così mi piace ancora pensare. 

Saltare lo squalo

Da me il lunedì sera è diventato un appuntamento fisso targato This is us. Se non conoscete questa serie-tv vi consiglio di recuperarla perchè parliamo, nel complesso, di una storia veramente ben raccontata e abilmente strutturata, piena di colpi di scena nascosti tra le maglie di una trama all’apparenza semplice. Insomma, al netto di quello che sto per dirvi, la serie merita. E comunque io vi avevo già avvisati QUI.

Da un paio di settimane è iniziata la sua terza stagione che, però, sembra aver perso qualcosa. Sebbene siamo soltanto al terzo episodio (un pò prematuro per giudicare, lo so), mi trovo costretto, mio malgrado, ad evidenziare una palese stanchezza nei contenuti. Senza incappare in spoiler, dico solo che alcune scelte degli sceneggiatori stanno portando ad “allungare il brodo” con sottotrame incoerenti e del tutto avulse da quello che è il cuore di This is us. Sembra che tutti i personaggi stiano vagando senza una vera e propria direzione, andando a sbattere contro avvenimenti privi di logica narrativa. In sostanza, anche per This is us è arrivato il tanto temuto momento del Salto dello squalo.

L’espressione Saltare lo squalo (in inglese Jumping the shark) è un neologismo utilizzato soprattutto nel campo delle serie-tv e sta a significare quando, appunto, un prodotto televisivo ha raggiunto il massimo della sua popolarità e delle sue potenzialità e si appresta a vivere il suo periodo di declino.

Per capire l’origine della terminologia e scoprire qual è stato l’evento che letteralmente ha “saltato lo squalo” dobbiamo ritornare al 1977. Tutti voi conoscerete la celebre serie Happy Days basata sulle vicende di un gruppo di adolescenti e delle loro famiglie nei favolosi anni ’50. Ecco, in quell’anno andava in onda la sua quinta stagione. Nel primo episodio vediamo tutto il cast principale in visita a Los Angeles dove Fonzie è impegnato in una sfida di sci nautico. Qui il nostro impavido playboy, indossando la sua onnipresente giacca di pelle e un improbabile costume da bagno, riesce nientepopodimenoche nell’impresa coraggiosa di… saltare uno squalo! Tutto questo, in un contesto grottesco e inverosimile rispetto ad una serie che, nei suoi primi anni, aveva improntato fortemente il suo marchio ad avvenimenti familiari e adolescenziali vicini alla realtà. Una stonatura, insomma.
Questo cambio di rotta è quindi riconosciuto come uno spartiacque tra la prima parte della serie e il suo (inferiore) proseguo.

C’è da considerare che spesso il Jump the shark è proprio la principale causa di cancellazione degli show televisivi americani (Happy Endings, ricordate?) ed è ciò che fa diminuire gli ascolti e che spinge gli incuranti produttori a chiudere prematuramente una serie tv. Alla faccia dei buoni sentimenti e del cuore degli spettatori.

Col passare del tempo, la terminologia del salto dello squalo è diventato di uso comune nei paesi anglosassoni, annoverandolo anche in campi differenti a quello d’origine. Si parla di Jumping the shark, infatti, anche per quei cantanti, attori e gente dello spettacolo che hanno esaurito la loro aurea di popolarità ed interesse nei confronti delle masse e che, saltando lo squalo, si sono poi ritrovati a fare i conti con la parabola discendente o, addirittura, dell’anonimato. Ogni scarpa addiventa scarpone, si dice dalle mie parti.  

 

jump-the-shark

 

Remember the past: NIGHTMARE – DAL PROFONDO DELLA NOTTE

Tratto da Alone in Kyoto del 28 gennaio 2009

Poster di Nightmare - Dal profondo della notte

Ha il volto deturpato dalle cicatrici ed il fisico asciutto. Indossa un maglione sfilacciato a righe orizzontali rosse e verdi ed uno strano cappello. La sua mano destra è avvolta da un guanto dal quale partono lunghe lame affilate. S’insidia negli incubi dei giovani, terrorizzandoli e massacrandoli fino alla morte. E’ Freddy Krueger, uno dei più famosi mostri degli anni ottanta.

Il capostipite della fortunata saga sull’assassino dei sogni inizia con un’introduzione che ci mostra la realizzazione del guanto letale. Una validissima scena in formato ridotto (il tutto è ripreso in un riquadro dai contorni neri) che fa da preambolo al primo incubo di Tina, adolescente tormentata dalla presenza nefasta dell’ “Uomo nero”. La storia si svolge nella piccola cittadina di Springwood e si evolve assumendo, ben presto, le sfumature del teen-horror. Tina, approfittando dell’assenza dei suoi genitori, invita alcuni amici, Nancy e Glen, a casa per la notte. A loro si unisce il ribelle fidanzato, Rod, con il quale passerà la sua ultima notte di vita. Dopo l’omicidio di Tina, Freddy farà cadere, uno dopo l’altro, tutti i suoi amici. Ma Nancy non ha intenzione di abbandonarsi al sonno…

Uscito nelle sale nel 1984, Nightmare – Dal profondo della notte (A Nightmare on Elm Street) non parte come un lavoro pretenzioso. Il regista Wes Craven dovette lottare tre anni prima di ottenere il finanziamento necessario alla realizzazione della pellicola. Fu Robert Shaye,  l’allora presidente e fondatore della New Line (una modesta casa di produzione indipendente), a decidere di sposare la sua causa stanziando la somma di due milioni di dollari. Nessuno poteva prevedere un successo tanto importante da garantire alla pellicola la cifra record di 26 milioni d’incasso.
Craven, inizialmente, ideò il personaggio di Freddy come un uomo dal volto devastato dalle fiamme, con una dentatura orribile ed una bocca deformata fino all’inverosimile. La sua concezione, però, era poco attuabile su un soggetto quasi sempre presente sulla scena. Si optò così sull’effetto suggestione: invece di mostrare il mostro alla luce del giorno, si scelse di farlo agire sfruttando le ombre e giocando molto sulla paura che sopraggiunge più dall’immaginazione che da ciò che realmente viene mostrato. Questa particolare caratteristica è uno dei motivi secondo i quali in molti ritengono che Nightmare – Dal profondo della notte sia il migliore e più riuscito film dell’intera serie. In ogni caso, il trucco realizzato da David D. Miller risulta essere pregevole, con le ustioni del volto molto più reali di quelle presenti nei successivi capitoli.

Ombre di Freddy Krueger

Girato in sole quattro settimane, il film non propone una recitazione impeccabile, sebbene costituisca il debutto cinematografico di Johnny Depp. Vincente è, invece, l’idea di fornire una maggior interazione tra il serial-killer e la vittima di turno, con Freddy capace di spaventare anche attraverso delle frasi ad effetto. Una cosa del tutto innovativa nel periodo in cui Jason in Venerdì 13 e Michael in Halloween si limitavano ad ammazzare senza mai proferire parola.

Gli elementi che contraddistinguono questo primo capitolo sono molteplici. Innanzitutto il nome: lo psicopatico assassino di Elm Street viene chiamato, in maniera più formale, Fred Krueger. Una particolarità che rende l’aspetto dell’Uomo Nero ancor meno “familiare”. A questa curiosità va associata un’altra caratteristica che è quella dell’assenza quasi totale del fattore ironico: Fred è cupo, è crudele, e non ha nè tempo nè voglia di dispensare frasi divertenti. Per quello ci sarà spazio in futuro.
Nightmare – Dal profondo della notte non possiede un vasto campionario di musiche. Del tutto assenti le canzoni, le parti musicate si limitano all’utilizzo del solo celebre tema che ha reso immortale questa serie.

Il film segna anche la presenza di alcuni importanti indizi sul passato del mostro di Springwood: in questo primo capitolo la madre di Nancy racconta la storia di Fred, un maniaco che uccise più di venti bambini del quartiere. In seguito all’arresto e alla successiva scarcerazione dell’uomo, i genitori delle vittime decisero di farsi giustizia da soli. Una notte trovarono Fred in una caldaia abbandonata e decisero di bruciarlo. Nessuna menzione in merito al lavoro abituale del serial-killer, nè sul motivo dei suoi squilibri. Mostrata anche l’origine delle sbarre alle finestre della casa di Nancy.
Scene cult di questo primo capitolo. Oltre alla filastrocca cantata da alcune bambine vestite di un bianco luminoso, sono di rilevante importantanza la scena del letto che inghiotte il povero ragazzo di Nancy e quella di Tina che si trascina dietro avvolta in un sacco mortuario trasparente.

Curiosità:

  • L’esterno della casa, il 1428 di Elm Street,  mantenuto anche nei successivi capitoli, non era una ricostruzione in studio, ma la facciata di una vera abitazione di Genesis Avenue a Hollywood.
  • Origine del nome. Il nome e l’aspetto di Fred Krueger scaturiscono da due ricordi d’infanzia del regista: il primo da quello di un ragazzo che al tempo della scuola lo maltrattava, mentre l’aspetto deriva da quello di un barbone che gli feceva molta paura.
  • L’ispirazione per il film è venuta al regista dopo aver letto alcuni articoli di giornale che narravano di un gruppo di ragazzi che soffrivano di incubi e che, per questo, si rifiutavano di dormire. Uno di loro, in seguito ad un brutto sogno, si svegliò di colpo urlando, dopodichè cadde a terra morto per cause sconosciute.
  • La scena di Glen che entra nella camera di Nancy dalla finestra è stata ripresa dallo stesso Craven nel film Scream (1996).
  • Il film, nelle intenzioni del regista, avrebbe dovuto avere un finale del tutto buonista, con Nancy e gli amici restituiti alla vita e con la madre che non viene risucchiata dal mostro. Il definitivo finale aperto è stato un’idea della produzione, in modo da garantire l’eventuale realizzazione di un sequel.
  • Nel dvd della Eagle Pictures sono presenti delle scene che nella versione televisiva (quella trasmessa, per la prima volta, da Notte Horror nel 1991) erano state tagliate. La scena dell’omicidio di Tina è una di queste ed è visibile priva di doppiaggio.

Citazioni:

“E’ mezzanotte, e questa è TeleKruger che vi da la buonanotte…”

“Ti strappo il cuore!”

Articoli correlati:

– Nightmare – La rivincita
– Nightmare 3 – I guerrieri del sogno
– Nightmare 4 – Il non risveglio
– Nightmare 5 – Il mito
– Nightmare 6 – La fine
– Nightmare – Nuovo incubo